sabato 27 agosto 2005

Il mio undicesimo viaggio nelle capitali dell'UE: Praga.


Praga
(22 Agosto - 26 Agosto 2005)

Il mio undicesimo viaggio nelle capitali dell'Unione Europea riguarda questa volta la magica e stupefacente Praga Caput Regni, antico nome medievale della capitale ceca. Oggi si chiama semplicemente Praha (in italiano Praga), capitale (hlavním městě) della České Republika, cioè della Repubblica Ceca.
"Carneade! Chi era costui?" Fu quasi la stessa domanda che mi posi da studente quando incontrai per la prima volta il nome di Jan Hus. Parodiando Don Abbondio mi permetto di dare la risposta alla domanda, alla sua maniera : “Jan Hus! questo nome mi par bene d'averlo letto o sentito”. Fu così che introdussi dentro la mia mente il nome di questo professore di teologia dell’Università di Praga che venne bruciato al rogo per le sue idee che anticiparono le tesi della Riforma protestante. Non ho mai dimenticato nè lo strano nome Hus e il relativo aggettivo hussita, nè la città di Praga che, stranamente, in lingua ceca si scrive Praha. Lo stesso nome l’ho incontrato più volte nel corso della mia vita per ragioni sia di coscienza (non si può dimenticare mai nella vita quando si viene a conoscenza del fatto che un uomo viene bruciato al rogo per le sue idee), sia di religione (ovviamente), sia di scienza. Lo cito qui perché personalmente mi riconosco un debito di riconoscenza per quest’uomo, boemo di nascita e praghese di vita. Oltre a Hus, quando penso a Praga e alla sua storia tardo medievale mi viene in mente che molti fatti della storia e della cultura praghese si ripetono a coppia, col numero «2» per caratterizzare la città vltavina. Due sono stati i grandi e potenti uomini di cultura che hanno profondamente giovato alla costruzione dell’immagine di Praga nel mondo: Carlo IV e Rodolfo II. Due sono state le “defenestrazioni” di emissari cattolici a Praga. Due sono i Mĕsto, ovvero le piazze storiche, di Praga: Staré e Nové. Due sono i paesi che costituivano l’ex nazione Cecoslovacchia: la Repubblica Ceca e quella Slovacca. Due sono gli angeli che affiancano S. Venceslao nella statua trecentesca presente nella cattedrale praghese di S. Vito. Due furono i fratelli che diedero lustro alla città: Boleslao e Venceslao. Due sono le vecchie zone di influenza politica del paese: Boemia e Moravia. Due sono gli elementi letterari che definiscono Praga senza eccezioni: Kafka e Praga (per Angelo Maria Ripellino "carne ed unghia"). Due sono gli assistenti dell'agrimensore nel Castello e due sono i guitti in rendigote che nel Processo accompagnano Josef K. al supplizio. Due sono i punti in cui Kafka avrebbe voluto appiccare il fuoco a Praga per liberarsi della città una volta per tutte: a Vyšehrad e a Hdradschin. Due furono gli oppositori politici del regime comunista che negli anni '50 si opposero alla politica stalinista: Rudolf Slánský e Vladimir Clementis. E l'elenco può continuare. Quello che, a mio giudizio, deve essere chiaro è che anche qui questa città è definita da due aggettivi superlativi assoluti, che da soli la valorizzano come pochi: è bellissima per giudizio universalmente condiviso e amatissima da chiunque vi abbia messo piede. Le ragioni le vedremo successivamente nel corso del mio diario di viaggio.
Premessa.
Iniziamo subito a dire che la Repubblica Ceca è la terra di Comenio e del compositore Antonín Dvořák‎. E' il luogo dove nacquero gli scrittori Franz Kafka, Jaroslav Hašek e Milan Kundera. È la città in cui operarono in politica Alexander Dubček, Jan Masary, Jiři Pelikan e Václav Havel.

Nello sport sono cechi il famoso maratoneta Emil Zátopek e la grande ginnasta Věra Čáslavská, mentre nel cinema il regista Miloš Forman. Il pittore art nouveau Alfonse Muchy e il genetista Gregor Johann Mendel lo sono altrettanto. Nella narrativa Franz Kafka, Rainer Maria Rilke, Jaroslav Hašek, Vladimir Holan. In questa cornice, il mio interessante ed emozionante viaggio a Praga, l'undicesimo nell'UE, è stato per me un viaggio denso di emozioni e di piacevoli immagini. Ricordo, a puro titolo storico, che nel XIV secolo Praga fu la terza città più grande d'Europa, dopo Roma e Costantinopoli. Sto parlando, pertanto, di una città che ha nel suo passato dei precedenti di straordinario valore storico e di grande interesse artistico-letterario, nonché di considerevole valenza culturale che meriterebbero una più adeguata e attenta riflessione di quanto potrò proporre io, qui di seguito, in questo breve e per alcuni aspetti inadeguato resoconto di viaggio. In ogni caso, c'è una locuzione latina che mi viene in mente di proporla qui in modo differente e ironico allo stesso tempo. E' quella relativa all'errare humanum est, che io integrerei in questo modo: «commettere errori è umano, ma tentare è angelico». Così, dopo Budapest e Varsavia, capitali di altri due paesi ex comunisti appartenuti al roccioso "Patto di Varsavia" che ho visitato ultimamente, affronto adesso il diario di viaggio relativo alla mia visita alla splendida città del famoso Castello praghese di Franz Kafka. Non so se sarò angelico ma so che questa città merita una conoscenza approfondita dei fatti e delle idee che la interessano per l'enorme serbatoio di cultura di tutti i tipi che essa possiede. A me il compito di cercare di coglierne l'atmosfera e alcuni aspetti della sua storia in relazione al "mio viaggio" e alle piacevoli sensazioni che ho provato nel visitarla.

Per riuscirci ho deciso di rileggere una seconda volta lo stupendo saggio-romanzo della Einaudi dal felice nome Praga magica dello scrittore siciliano, poeta, saggista, studioso e professore universitario di letteratura russa e ceca Angelo Maria Ripellino. Intendiamoci, Ripellino ha scritto anche altri libri su Praga oltre questo del 1973, definito da alcuni un "libro-spettacolo", mentre da altri "un viavai inesauribile di storie, leggende e personaggi", che esplicito qui nelle sue coordinate bibliografiche complete e consiglio vivamente di leggere a chi fosse interessato a visitare la città del fiume Vltava: Angelo Maria Ripellino, Praga magica, Torino, Einaudi, 1991. Due libri, oltre quello prima citato, mi vengono in mente quando penso a Praga. Il primo è Arcimboldo e il re malinconico. Il secondo è Cronache praghesi. Poi ci sono delle raccolte di poesie, tra le quali ricordo Notizie dal diluvio e La Fortezza d'Alvernia che si occupano della città del Karlův Most (Ponte Carlo). Lo scopo dichiarato è quello di possedere in mente, ancor prima di effettuare il viaggio, una sicura fonte di conoscenze letterarie significative e un riferimento certo di valore storico in grado di guidarmi adeguatamente nella visita. Non solo non mi pento di questa scelta ma ne sono orgoglioso e rivendico il metodo, che utilizzerò di nuovo quando affronterò il viaggio a Dublino col libro Ulysses di James Joyce, uno dei romanzi letterariamente più importanti della letteratura europea del '900. Proporre un resoconto di viaggio non è fare una elencazione acritica di essere stato qui e là, di avere visto questo e quell'altro e di avere mangiato questa e quell'altra pietanza. E' molto di più. Non sono sicuro di riuscirvi. Almeno tenterò. Per me significa fare delle riflessioni, anche molto personali, che hanno a che fare col mio vissuto, con la mia vita, quella passata ma anche quella che deve ancora venire. Parlare di Praga dopo aver letto il sorprendente libro di Ripellino è al tempo stesso una faccenda maledettamente delicata e difficile perchè questo libro è insuperabile. Le librerie sono inondate da guide e libri sulla bella capitale ceca. Si rischia quasi certamente la banalizzazione. Cito solo un elemento, forse secondario, che può far comprendere meglio, a mio giudizio, come stanno le cose. La città vltavina viene definita con molti aggettivi qualificativi che non hanno eguali al mondo. La stessa Roma che è capitale di due Stati nazionali differenti è "città eterna" e "crocevia della cristianità". Qualcun altro aggiunge che è anche "capoccia" ma non altera per nulla il discorso. Anzi. Semmai lo svilisce. Con due "richiami" su Roma è stato detto quasi tutto. Su Praga no. Non è possibile sintetizzare tanto. Praga è sfuggente, è inquietante, è fantasmagorica, è affascinante, è molteplice come il gioco delle matrioske. E' contraddittoria ma anche assurda e finanche trattenitrice di "atmosfere sospese". Giuro che Praga è definita così da Italo Calvino nel libro Città Invisibili. Per l'esattezza ecco il passo: "Sempre come un Giano bifronte, quartieri come Malà Strana trattengono atmosfere sospese da città dei morti, dove il presente è sepolto sotto un cumulo di antichi segni". Bellissima immagine ma anche bellissimo libro quello di Calvino. Senz'altro da leggere. E si potrebbe continuare. Non parliamo poi della sua storia, della politica che l'ha vista diventare in un certo periodo del passato "capitale culturale" dell'intera Europa. Si, proprio così: Praga è stata capitale della cultura in moltissimi campi. Si va dalla vita religiosa all'arte, dall'architettura alla pittura, dalla scienza alle lettere, dalla cultura umanistica alla musica, dal teatro a tanti altri aspetti che l'hanno resa contemporaneamente unica e molteplice, celebre e dimenticata, piccola intorno al ponte ma grande nella cultura. Che dire dunque di una città che nei secoli passati ebbe una università e uno sviluppo culturale da fare invidia alle più grandi città d'Europa come Parigi e Londra? Consapevole di questi illustri trascorsi e dei titoli che vanta mi sono messo a tracciare un percorso di viaggio in grado di far emergere alcuni di questi tratti da vedere e "toccare" con mano. Ecco un breve elenco di ciò che voglio vedere. Piazza della città Vecchia - il Castello - la Cattedrale di S. Vito - il Karlův most - piazza Venceslao - Malá Strana - il Cimitero ebraico e le Sinagoghe del quartiere ebraico - le Torri - la Chiesa di S. Nicola. Non mi interessano invece nè le discoteche, nè la vita notturna. Li lascio a chi ha interessi completamente diversi dai miei. Se proprio vogliamo dire per intero la verità posso affermare fin da ora che sono interessato anche alla gastronomia ceca e ad assaggiare alcune delle più importanti birre locali, ma nulla di più. D'altronde siamo in estate e col caldo ci si disseta bene con le buone birre di questa giovane nazione alla quale faccio molti auguri per essere entrata, finalmente e a pieno diritto, nell'Unione Europea. Il viaggio a Praga nella Repubblica Ceca è un viaggio che ha a che vedere non solo col piacere di viaggiare e conoscere ma anche, se non soprattutto, con la mia vita di cittadino europeo che ha sempre creduto nel valore di un'Europa Unita e con i libri più di quanto non si immagini. Sant'Agostino, a questo proposito, ebbe a dire che “il mondo è un libro e chi non viaggia ne conosce solo una pagina". Se poi vogliamo dirla tutta, capita a proposito l'aforisma - guarda caso di Franz Kafka, praghese doc - che recita testualmente così: "i sentieri si costruiscono viaggiando". Ed io, nel mio piccolo, voglio costruire un sentiero per permettere a me e anche ad altri di percorrerlo per attraversare il terreno sconfinato che è l'Europa piena di tanti tesori e di mille testimonianze. Attraversare un campo seguendo un percorso già effettuato è sempre una cosa buona e giusta. Qui, fuor di metafora, il campo è Praga, la nostra Praga, città tanto amata e desiderata di essere vista e conosciuta per intero nelle sue bellezze come nelle sue stonature e le sue disarmonie che fanno parte integrante dell'esperienza del mondo che ci circonda. Mi permetto qui di introdurre soltanto un aspetto che riguarda le bellezze di una città come Praga che è riuscita a superare persino mezzo secolo di dittatura comunista e alla fine rimanerne indenne in tutto il suo splendore architettonico di vie, piazze, edifici, chiese, «palazzi e castelli». Non si può dimenticare poi uno degli aspetti fondanti della vita della città che, com'era prevedibile, riguarda il binomio Praga-Kafka. Avremo modo di soffermarci in seguito su questa magnifica accoppiata.

Per adesso mi interessa introdurre il viaggio sotto la duplice veste che riguarda le bellezze dell'architettura della città e la straordinaria atmosfera che si può respirare per le sue strade in relazione a quanto ne hanno parlato scrittori e poeti. Per parte mia aggiungerò anche aspetti "meno culturali" e più grossolani, che comunque non guastano in un viaggio che si presenta all'insegna di tante meraviglie: cucina e ristorazione. Carla Pagani nel suo recente libro dell'anno scorso, dal titolo Manuale del carnivoro, ricorda un antico proverbio cinese che recita testualmente: "Mangiare è uno dei quattro scopi della vita ... Quali siano gli altri tre, nessuno lo ha mai saputo". Ad intenditor poche parole. Una visita a una città così importante non può non interessarsi anche degli aspetti culinari. Bertolt Brecht soleva dire che "prima viene il cibo e poi la morale". Ora, senza arrivare a questi eccessi, peraltro solo provocatori, diciamo che il cibo in questi viaggi aiuta a "sopportare" meglio la seriosità delle cose di cui parleremo.
Introduzione. Se la città di Roma è intesa frequentemente con l'espressione latina Caput Mundi, che significa capitale del mondo Praga, a giusta ragione, fin dal medioevo è chiamata con l'attributo Caput Rei publicae cioè Caput Regni. Il significato è chiaro: la meta ha molte risorse culturalmente valide e vale la pena gioire per un viaggio che posso immaginare piacevole. Praga è una città splendida, attraversata dal fiume Vltava, in italiano Moldava. La città vltavina viene definita da Claudio Magris nel suo bel libro L'infinito viaggiare (nel capitolo "Il paese senza nome" a pag. 157) come «una meravigliosa città slavo-tedesco-ebraica irriducibile a ogni definizione univoca, la cui letteratura, piena di incanti e di spettri, ha evocato soprattutto i vuoti e le ombre della vita, la nostalgia per tutto ciò che a essa manca». La bella definizione della città è ulteriormente arricchita dall'osservazione che "lo sguardo è catturato di continuo, con una seduzione imperiosa, dai particolari, soprattutto dai tetti e dagli abbaini, dai coppi che si trasformano in ornamenti fantastici[...]". Se l'osservazione di Magris non è fiabesca poco ci manca. In effetti i manuali di viaggio accennano a questo mondo magico che caratterizza la sua architettura e uno degli obiettivi del viaggio è proprio quello di tentare di poter rubare nelle strade alcune di queste visioni che abbondano nella letteratura che la riguarda. La città ha un centro storico compatto e abbastanza semplice. E' formata da 22 distretti amministrativi. I più interessanti sono i primi sette che sono i più rappresentativi perchè gravitano nel centro. Eccone alcuni: Staré Mesto (città vecchia), Josefov (ex città ebraica che oggi si trova tutta all'interno della città vecchia), Nové Mesto (città nuova), Malá Strana (parte piccola), Hradcany con il suo Pražský hrad (Castello di Praga) e la Katedrála sveta Vita e, per ultimo, il quartiere di Vysehrad. Lo dico subito senza equivoci che tutto il tempo che starò a Praga lo dedicherò esclusivamente a questi quartieri dove, tra l'altro, si trovano concentrati quasi tutti i monumenti storici, i musei e le gallerie d'arte principali. Non ho alcuna intenzione di sottrarre del tempo prezioso per visitare i dintorni di Praga o, peggio, assentarmi un'intera giornata per andare in qualche altra città ceca. Non dimentichiamo che il mio progetto di visita è centrato solo su visite alle capitali degli Stati, altrimenti sarebbe ingestibile e costoso. Il fiume Vltava divide grosso modo a metà la città, in una Praha ovest e una Praha est. A ovest del fiume (Praha 5-6-7) c'è il Castello, la cattedrale e Malá Strana mentre a est (Praha 1-4) si trova il centro storico con tutto il ben di Dio di tesori dell'arte e della cultura che in esso gravitano. Il centro storico ha come riferimento la Piazza vecchia e la piacevole Václavské námĕsti, cioè piazza Venceslao, la famosa piazza luogo di memoria nella quale nel 1968 si diede fuoco lo studente universitario Jan Palach per protestare contro l'invasione militare e l'oppressione comunista dell'allora URSS. Ma di questo avremo modo di parlarne in seguito.

La mia visita alla bella Praga vuole essere il tentativo di diventare per alcuni giorni un testimone diretto dei luoghi della città che, da molti e in modo trasversale, è definita una città stupefacente, strapiena di un'architettura meravigliosa. Ma la ragione più profonda riguarda il mio interesse per i fatti storici e culturali che hanno visto protagonista la città di Praga, perchè è mia intenzione capire come in realtà stiano veramente le cose dopo aver letto il libro Praga magica. Sicuramente dovrà essere una città a misura d'uomo, con strade caratteristiche e un'architettura magnifica, piena di fascino, di arte e teatro, di lettere e musica, con musei e cucina boema che lasceranno il segno. Le notizie storiche di Praga sono molto interessanti e costituiscono un elemento particolarmente attraente di intreccio storico, politico e artistico con tanti eventi e vicende della cultura d'Europa. Questo è tra l'altro uno dei motivi che spiegano bene il perchè questa città è apprezzata da molti visitatori. Intanto mi permetto di sottolineare che accanto alle molte figure di rilievo della cultura ceca ci sono anche molti accadimenti storici che meritano altrettanta attenzione. Tre di questi mi hanno colpito. Innanzitutto i Premyslidi, di cui due loro discendenti sono diventati famosi per motivi diversi ma attinenti allo stesso fatto. Si tratta dei due fratelli Venceslao e Boleslao. Ebbene il primo, com'è noto, fu assassinato per ordine del secondo, il quale conseguentemente si impossessò del potere. Ma come succede spesso in questi casi Venceslao (l'ucciso) divenne il Santo patrono dei cechi, venerato con devozione, mentre (l'uccisore) Boleslao dopo la sua morte fu dimenticato. Praga dedicò al Santo una grande piazza, intitolata a suo nome e famosa recentemente per il rogo del giovane studente Jan Palach. La storia di Venceslao è stata replicata prima altre volte nella storia dell'umanità. Si parte dai due fratelli Caino e Abele all'inizio della vita umana, nel Paradiso, e si arriva addirittura nella mia città, a Roma, con Romolo e Remo. In un certo senso la similitudine delle loro storie costituiscono quasi un paradigma universale, in cui un fratello uccide l'altro per motivi di sete di potere. Mi vengono in mente altre analogie fra le due città di Praga e Roma, alcune delle quali possono effettivamente essere accostate per qualcosa che li accomuna. Sia Praga sia Roma giacciono su sette colli e sono attraversati da un fiume, la Vltava e il Tevere. La più grande piazza di Praga è Piazza Venceslao (Václavské námĕsti) che è una specie di piazzale rettangolare molto lungo per l'appunto come lo è Piazza Navona a Roma che almeno geometricamente le assomiglia. A Praga poi nel fiume e sotto il ponte, chiamato Most Legiì, c'è un'isoletta (vicino a Kampa) che rassomiglia molto all'Isola Tiberina a Roma. Entrambe le città hanno ulteriormente un quartiere ebraico di vecchissima data e comunque tra i primi quartieri a essere stati destinati interamente alla comunità ebraica. A Praga si chiama Josefov mentre a Roma si chiama Ghetto di Porta d'Ottavia, alle spalle della Sinagoga. E le similitudini potrebbero continuare come prova di elementi comuni. Sia chiaro che non intendo qui proporre forzature perchè in realtà tra le due città esistono altre analogie molto più marcate sul piano artistico che li accomuna molto di più dalle altre elencate sopra ma anche molte differenze. Una delle analogie forti è l'incredibile somiglianza del barocco religioso delle chiese cattoliche delle due città. Certo nessuno pretende di vedere un Colosseo a Praga come nessuno ha la pretesa di dire che la Vltava e il Tevere sono due fiumi uguali perchè magari si dimentica della differente portata d'acqua tra i due. Il Tevere a paragone della Vltava è più un fiumiciattolo che un fiume vero e proprio. Riprenderemo questa chiacchierata nel corso del diario. Stavamo parlando prima dei Premyslidi. Dopo di loro ricordiamo il grande Carlo IV, Imperatore del Sacro Romano Impero, uomo saggio e colto che nominò rettore della prima università di Praga proprio Jan Hus riformatore ed eretico, nonché primo condannato in assoluto al rogo da parte della chiesa cattolica. Mi ricordo che a scuola quando l'insegnante parlava del periodo storico relativo al XV secolo in Europa centrale, il nome Hus e il suo aggettivo hussita mi colpirono per l'alone di mistero che circondava questi fatti storici. Non credo proprio che se si va in qualunque mercato di Roma e si chiede al primo avventore chi fu Jan Hus e cosa significa essere hussita si otterrà una risposta sicura e corretta. Certo dopo alcuni decenni dalla fine della mia gioventù, venire a Praga e vedere con i miei occhi la statua di Jan Hus a Staromĕstské námĕsti, nella Piazza Vecchia, fa impressione. A seguire, c'è l'altro straordinario periodo d'oro di Rodolfo II, imperatore della casa degli Asburgo, amante delle arti e delle scienze. Diffuse a Praga lo spirito del Rinascimento. Poi la città decadde per alterne vicende e non si risollevò più se non quando all'inizio del '900 riconquistò la sua autonomia come Stato per perderla di nuovo con la fine della seconda guerra mondiale. Ma procediamo con ordine e ritorniamo a parlare di Praga come meta del mio viaggio. Mi sento di poter dire che si può parlare, nel tempo di un millennio circa, di una Praga dai tanti volti. C'è la Praga dell'epoca d'oro, la Praga hussita, la Praga rinascimentale, la Praga barocca, la Praga risorgimentale, la Praga dell'indipendenza, la Praga dell'invasione sovietica del 1968 e la Praga della "rivoluzione di velluto" del 1993 quando si separò dalla Slovacchia. Insomma, la storia di questa città non finisce mai di stupire e di colpire l'attenzione per la molteplicità e la poliedricità delle sue facce. C'è una Praga che alcune volte si trasforma in decine di Praghe, uguali e al tempo stesso differenti; c'è una Praga spettrale e una luminosa; una incantevole ma anche lugubre, una cattolica e un'altra ebraica. Insomma, i contrari qui spesso dominano. Tante Praghe ma in fondo in fondo una sola città, una sola capitale, un unicum di cultura di cui nessun europeo può farne a meno di conoscerne i tesori. Certo queste Praghe sarebbe bello poterle "vedere e sentire" tutte. Prevedo purtroppo che sarà terribilmente difficile vederne solo anche due a causa della brevità del mio soggiorno. Accanto alle tante Praghe ci sono anche le tante località dell'unica Praga che costituiscono, lo si voglia o meno, lo scopo della mia visita, una sintesi della quale potrebbe essere quella di dire che sono venuto qui a visitare la città del Castello di Franz Kafka. Sono sempre stato un ammiratore del grande scrittore praghese e di tutti i tesori presenti in questa splendida città che costituiranno la traccia delle mie giornate praghesi. Per le implicazioni che i tesori di Praga esercitano su di me questi tesori bastano e avanzano per mettermi addosso una eccitazione a stento dominata in una mattinata romana di agosto, stranamente fresca e piovosa quando mi metto in viaggio per il nord boemo. Ma è tempo di iniziare il diario di viaggio partendo dall'inizio, cioè da casa mia, a Roma, il 22 agosto del 2005 sotto un cielo nuvoloso che minaccia pioggia di mattina presto.
Primo giorno Lunedì 22 Agosto. Parto nella prima mattinata da Roma alle 5.50 con il bus per la stazione ferroviaria di Roma Ostiense dalla quale, con il trenino che transita al binario 12 della stazione ferroviaria, arrivo all'aeroporto di Roma Fiumicino in orario. La partenza per Praga è oggi, 22 agosto 2005 alle ore 8.50 con il volo Alitalia AZ 7512 e arrivo previsto a Praga Ruzynĕ (PRG) alle 10.45 . Il biglietto aereo, pomposamente chiamato "titolo di viaggio", l'ho acquistato due mesi fa, in giugno, all'agenzia Sfogliaviaggi di Roma. Il ritorno avverrà quattro giorni dopo, il 26 agosto, da Praga Ruzynĕ (PRG) per Roma Fiumicino (FCO) con partenza alle 15.15 e arrivo previsto a Roma FCO alle 17.10. Devo dire che questa partenza mi emoziona un po'. Nonostante io abbia già visitato ben nove capitali del mio progetto di viaggi in tutte le capitali dell'Unione Europea (Roma, Amsterdam, Londra, Parigi, Madrid, Lisbona, Vienna, Budapest e Varsavia) questo decimo viaggio mi riporta alle emozioni delle prime volte che sono partito per la visita alle prime capitali europee.

Sono convinto che vedrò sicuramente dei luoghi cari alla mia memoria, in quanto mi richiamano alla mente sensazioni, fatti, idee e figure che mi hanno segnato da studente. Uno per tutti è Franz Kafka con il suo romanzo-capolavoro Il Castello dai vari incipit che mi hanno sempre colpito come, per esempio proponendo un paragone a mio parere calzante, l'inizio de I Promessi Sposi, quando si cita il famoso Quel ramo del lago di Como. «Era sera tarda quando K. arrivò» in italiano. «Es war spät abends, als K. ankam» in tedesco. «Bylo už pozdě večer, když K. dorazil» in ceco. «К. прибыл поздно вечером» in russo. «It was late in the evening when K. arrived» in inglese. E, infine perchè no, "كان الوقت ليلا عندما وصل ك" in arabo. Sono questi i pensieri che mi passano velocemente per la testa sul trenino per l'aeroporto. Tra il via vai dei pendolari nelle carrozze, che si muovono incessantemente salendo e scendendo dalla scaletta e lo scorrere al finestrino di immagini della campagna romana, penso a Kafka e alla sua città e a come la troverò io un secolo dopo nella città del Castello più famoso d'Europa. Nella hall dell'aeroporto di Fiumicino, Terminal C, alle 7,56 vedo un cambia valuta della Travelex Italia Ltd. Nella České Republika l'unità monetaria è la corona ceca (koruna) abbreviata in Kč, con l'abbreviazione internazionale czk. Acquisto 1500 koruna al prezzo di 1euro=27,162 Kč per 55,22 € che, combinate con una commissione di cambio del 7,24% fanno complessivamente 59,20 €. Un vero e proprio salasso regalato alla società Travelex dietro la quale si nasconderanno probabilmente usurai e sfruttatori parassiti. Non ho mai potuto soffrire queste società di cambio, che lucrano e vivono in modo parassita sfruttando le operazioni di cambio in cui a perdere sono sempre i clienti. Ma con l'entrata dell'euro sono stati costretti a fare un passo indietro, diminuendo notevolmente gli incassi e spero tanto che in futuro vengano spazzati via definitivamente. Questi soldi in valuta ceca mi serviranno per pagare il viaggio in autobus dall'aeroporto (in ceco Letiště) Ruzynĕ in centro città. Le formalità al check-in di Roma Fiumicino sono abbastanza rapide. Finalmente arriva il momento dell'imbarco. Mi metto così a sfogliare la rivista della compagnia aerea di bandiera e ripassare il percorso che farò con il bus all'aeroporto. L'aereo è pilotato da un pilota molto bravo.

Lodevole il fatto che in quasi due ore di volo non ci ha fatto subire nè vuoti d'aria, nè turbolenze. Non so se per fortuna o per bravura. La sensazione è che si siano verificate entrambe le cose. Ma ho anche la consapevolezza che i piloti cechi di aereo provengono tutti da una bravissima scuola aeronautica che faceva parte del novero di paesi del comunismo sovietico. Ragion per cui mi sento rassicurato anche per questo. L'aeroporto Ruzynĕ di Praga si trova in Aviatická 161 che è la strada che circonda l'intero perimetro dell'edificio dell'aerostazione. La compagnia aerea indigena è la Czech Airlines dai prevedibili colori bianco, rosso e blu della bandiera nazionale ceca. All'uscita dal Terminal Nord1 c'è il piazzale dell'aeroporto. So per certo che esso è collegato al centro della città da diverse linee, una di queste è la linea numero 179 che collega il Letiště Ruzynĕ fino a Nové Butovice dove c'è la fermata della metro linea B gialla che collega il capolinea di Zličín con l'altro capolinea Černý Most. Da Nové Butovice dopo sette fermate si arriva a Křižíkova, che è una stazione di corrispondenza. Qui cambiando linea e prendendo la linea rossa, ovvero la linea C (da Nádraží Holešovice ad Háje) si arriva finalmente alla fermata metro di Ivana Petroviče Pavlova, che sarà, lo anticipo subito, la mia fermata di riferimento della metro in città perchè vicinissima all'albergo dove alloggerò.

All'arrivo svincolo la valigia al nastro trasportatore e nella hall cerco subito di acquistare un biglietto per poter prendere l'autobus all'uscita. Davanti alla possibilità di comperare biglietti singoli o un abbonamento settimanale, fatti in poco tempo i dovuti conti, scelgo di comprare un abbonamento settimanale da poter utilizzare su tutti i mezzi pubblici in città per tutto il periodo che rimarrò a Praga. Alla fermata attendo l'autobus 179 in una grigia giornata, molto più fredda di quella di Roma tanto da essere costretto a indossare il mio impermeabilizzato k-way. Sulla mia destra vedo una torre con un parcheggio privato mentre alle mie spalle c'è la pensilina dell'aeroporto dalla quale sono appena uscito. La sensazione che provo è di una Praga grigia, fredda e incolore, quasi come se fosse una città estranea in cui io ci sia capitato mio malgrado. Non c'è molto traffico nel piazzale intorno a me. Attendo dieci minuti e all'arrivo del bus salgo subito perchè si sta mettendo a piovere. Come inizio non mi piace. Mi aspettavo una giornata di sole e invece il cielo è peggio di Roma e non fa prevedere nulla di buono per l'intera giornata. La visibilità è pessima ma io non sono preoccupato di dover individuare dove scendere perchè la mia fermata è alla fine della corsa, ovvero al capolinea del bus a Nové Butovice. Dietro il vetro del finestrino del bus osservo la strada. Qui tutto è grigio e incolore. La sensazione che si fa strada in me è uguale a quella che ho provato il mese scorso quando sono arrivato a Budapest, prima capitale di un paese ex comunista visitata dopo la scorpacciata di viaggi nei paesi dell'Europa occidentale. Arrivo all'uscita della metro a Pavlova con il sorriso sulle labbra perchè qui non piove e non bagnerò la valigia. L'albergo è vicino. Ci sono circa 200 metri di distanza tra la fermata della metro e l'hotel che raggiungo subito.

Mi presento alla reception. Una gentile e cortese impiegata mi assegna la camera 401 al quarto piano. Ringrazio e salgo in stanza per rinfrescarmi. L'Hotel Ibis Praha City è un buon albergo a tre stelle, comodo e centrale. Si trova praticamente a due passi da námĕstí Ivana Petroviče Pavlova e a duecento metri dalla Karlovo námĕstí. Per l'esattezza è situato in Kateřinská, 36, nella stessa strada dove si trova sveta Kateřinská. A duecento metri circa c'è la fermata della Metro C di stanice I.P.Pavlova dove c'è anche la fermata del tram delle linee 4, 10, 22 e 23. Ricordo che il 22 è il bus che porta al Castello. Il viale che collega le due piazze è viale Ječná un lungo e largo viale pieno di negozi e piccoli supermercati dove comprare le bottigliette di acqua minerale naturale. In termini di luoghi d'arte e di famosi posti letterari posso proporre la localizzazione dell'hotel in un'altra maniera, dicendo che è ubicato in Nové Mĕsto nel punto medio della distanza tra il Národní muzeum, cioè il Museo nazionale, a nord e l'osteria Ukalicha in Na bojišti a sud, che è il luogo in cui viene arrestato il famoso buon soldato Šveik protagonista assoluto e straordinario del romanzo di Jaroslav Hašek. In camera sistemo subito biancheria e pantaloni nell'armadio. Mi rinfresco in bagno e vado subito in strada perchè ho il desiderio di vedere luoghi, persone e anche di pranzare perchè ho fame. Quasi sempre la localizzazione dell'albergo è un punto importante del mio programma di viaggio, ma immagino anche di tutti coloro che fanno viaggi. Una posizione centrale mi aiuta ad avere un'idea semplice e rassicurante della localizzazione della mia camera come origine del sistema di riferimento dei luoghi della città e in più mi permette, uscendo dall'hotel, di essere subito nei luoghi turistici più interessanti della città. Un posizione più decentrata mi farebbe sentire emarginato dal centro e dai luoghi che più mi affascinano.

Se fossi un turista straniero in visita alla città di Roma preferirei alloggiare in un mediocre hotel di bassa qualità ma situato a Piazza di Spagna piuttosto che soggiornare in un albergo a cinque stelle nel quartiere ghetto di Laurentino 38. Qui in Kateřinská, 36 sono a 50° 04' 30" N (di latitudine nord) e a 14° 25' 39" E (di longitudine est) mentre Roma si trova a 41° 50' 34" N e a 12° 30' 38" E. Come si vede la differenza è di 2° circa nella longitudine, cioè Praga si trova più ad est di Roma rispetto al meridiano passante per quest'ultima, mentre la differenza di latitudine è maggiore di ben 9° circa. Ciò significa che a Praga in questo momento mi trovo più spostato verso il polo nord di di circa 9°. Una bella distanza angolare che corrisponde a circa 923 km circa. Dal viale Ječná mi sposto in Mezibranská, costeggio il Národni muzeum e dopo alcune centinaia di metri sono in Václavské náměstí, cioè nella bella piazza Venceslao. La piazza è piena di gente indaffarata che va e viene e lo spettacolo che mi appare è veramente piacevole. Sono le 13.55 quando in un angolo della piazza mi presento al numero 55 dove c'è la sede della banca ceca Obchodne Financhi Spol s.r.o. per cambiare una banconota da 50 euro in corone ceche (czk). Il cambio è purtroppo un altro strozzinaggio, perchè col buy rate 1 euro=27,935 czk, cioè 1397 czk, mi vengono detratte ben 237 czk di commissioni (addirittura il 17%), ottenendo alla fine soltanto 1160 corone. Esco dalla banca e osservo la bella "náměstí". La piazza è praticamente la stessa da molti decenni e avrebbe bisogno di interventi di restauro conservativo. Lungo i lati esterni, vicino ai palazzi, ci sono due file di alberi molto folti che fa piacere vedere e godere per l'ombra che fanno alle numerose persone presenti. La bellezza della piazza, nonostante la vetustà degli edifici e delle loro facciate, non è per niente sminuita. Se mi dicessero di scegliere tra una piazza Venceslao resa nuovissima da un restauro curato e approfondito nei minimi dettagli o vederla così com'è adesso, poco curata e con qualche parete scrostata, dico subito che preferirei vederla così come la vedo io in questo momento piuttosto che perfettamente "cementificata".

E' lo stesso discorso che si può fare col vino, quando faccio osservare di essere dell'idea che è meglio bere un vino fatto col mosto dell'uva raccolta nel proprio podere piuttosto che berlo da una bottiglia di vino commercializzato, pastorizzato e depurato dai depositi perchè reso sterile con una buona dose di solfiti. Ma ritorniamo a Václavské náměstí. Questa lunga piazza è per Praga molto di più di uno spiazzo nel centro della città. Qui ci sono stati eventi storici cruciali che hanno segnato il destino del paese. A un'estremità c'è il pomník sv. Václava, cioè il monumento equestre a Venceslao che si vede nella foto di spalle. Poco distante dalla statua in primo piano c'è una croce di bronzo incastonata sul pavimento nel punto preciso in cui si è dato fuoco Jan Palach. Questa croce mi fa venire alla mente due fatti tragici. Il primo si riferisce all'esistenza a Berlino di una piazza, molto più piccola di piazza Venceslao, nella quale si verificò un altro falò. Ecco come ho descritto l'evento nel mio report di Berlino. «Di fronte all'Università Humboldt, dietro la Staatopera, c'è Bebelplatz, il largo spiazzo nel quale avvenne il rogo dei libri nel maggio del 1933 ad opera dei nazisti. Nel centro della piazza sul pavimento c'è una targa che ricorda il traumatico evento. La raggiungo e mi metto con i piedi vicino ad essa e osservo la piazza. Mi immagino come è stata la scena del rogo dei libri. L'ho vista in televisione ricostruita con una scenografia che incute paura. Che scena tremenda». Il secondo mi ricorda il giorno in cui io, al tempo giovane studente universitario, avendo appreso dai giornali e dalla televisione il tragico gesto di Jan Palach, polemizzai con un mio ex-professore, comunista iscritto al PCI del mio paese, accusandolo di sostenere una ideologia sostenitrice cinica di comportamenti violenti che negavano la libertà delle idee dei cittadini cecoslovacchi per vili ragioni di Stato.

Ricordo quel 19 gennaio 1969 con tanta tristezza nel cuore, che rinforzò in me l'idea di non accettare mai l'ideologia marxista imposta col ricatto dall'allora URSS, quell'Unione Sovietica che realizzò il peggio della politica mondiale del tempo. Un po' di raccoglimento è il minimo che posso fare in questo momento. Rimane il fatto che il luttuoso evento mi colpì terribilmente, perchè Jan Palach essendo nato a Praga l'11 agosto 1948 aveva due anni meno di me. In pratica, era un mio collega universitario che aveva dato la vita come simbolo patriottico di resistenza anti-sovietica del suo paese. Terribile. Sono molto orgoglioso del fatto che la città di Roma, esattamente un anno dopo, ha intitolato a Jan Palach una piazza che si trova nell’area del villaggio olimpico a Roma, vicino all'Auditorium Parco della musica di Roma, a fianco di Corso Francia. Tra l'altro, l'allora Sindaco di Roma Clelio Darida, che l’anno precedente aveva fatto parte della delegazione romana al funerale di Palach, fece collocare nel centro della piazza una statua come monumento commemorativo al gesto di Jan Palach. Guardo attentamente il piccolo rilievo fatto da cubetti di pietra rialzati di poco rispetto alla superficie della strada. Penso agli operai che hanno costruito la sporgenza a mo' di dosso e mi chiedo se qualcuno di loro ha avvertito l'importanza del suo lavoro in questa faccenda. Costruire una gobba di cubetti di porfido non deve essere faticoso come costruire un'intera strada o piazza. Eppure dietro a quella piccola protuberanza di pietre c'è il simbolo di un gesto tanto forte quanto doloroso. Spegnere la propria giovane vita per un sogno di libertà è qualcosa di più di un atto di eroismo. Ma torniamo a Piazza Venceslao. Nella námĕstí vedo insegne di night club e casinò che, a mio parere e in modo molto ingenuo, stonano con la memoria patriottica e storico-politica del luogo. Mi ricordo tuttavia che nella Kamzíková nello stesso palazzo che ospita il ristorante U Červeného a fine secolo c'era la più famosa casa chiusa di appuntamenti di Praga. Ne fanno fede le pagine di molti romanzi di scrittori come Wefel, Kish e Morgenstern che descrivono «l'atmosfera di incontri tra studenti, intellettuali e prostitute davanti al mitico bricco di caffè». Angelo Maria Ripellino è invece dell'opinione che la più celebre "casa di gioia" fu il lussuoso Salón Goldschmied in via Kamzíková. Tutto questo mi ricorda la mia "prima volta". Avevo quindici anni quando inesperto e impacciato mi presentai in una di queste case nel capoluogo della mia provincia per chiedere un po' d'amore mercenario. Ne uscii insoddisfatto ma consapevole di avere effettuato il rito di iniziazione all'età adulta. E a proposito dei segni di decadenza nel passaggio da una società comunista all'altra consumistica mi viene in mente la famosa frase che cinicamente viene detta in questi casi, e cioè : "è la vita capitalistica dell'Occidente, bellezza! Benvenuti nel mondo della teoria economica del capitalismo liberista e della deregulation". Fra i tanti palazzi presenti in entrambi i lati della piazza sono particolarmente interessato a quello del numero 25. Vi chiederete perchè. Ebbene al n. 25 c'è il Grand Hotel Europa, in stile secese, nella grande tradizione boema, molto famoso nei tempi andati. Fu costruito nel 1872 originariamente in stile rinascimentale. Successivamente, nei due anni a partire dal 1903 è stato ricostruito in stile Art Nouveau e il suo ristorante si chiamava Velkokavarna Grand Restaurant. Fu inaugurato una seconda volta nel 1905, annus mirabilis in cui Albert Einstein a distanza di alcune centinaia di chilometri da qui pubblicò tre delle sue più famose scoperte: i quanti di luce, la relatività ristretta e spiegò il moto browniano. Questo hotel ristorante, tra l'altro, vanta un caffè frequentato da Franz Kafka. Adesso non è più quello che fu ai tempi d'oro, quando Praga fu il ritrovo più importante per i viaggiatori ricchi e famosi dell'intera Europa. In ogni caso rimane sempre magnifico nelle sue linee architettoniche tipicamente boeme. Sono affamato e pertanto entro subito nel ristorante a piano terra, che adesso si chiama Grand Hotel Europa Secesní Restaurace. A parte qualche crackers presente nel mio bagaglio a mano e un caffè bevuto in aereo è da stamattina presto che non mangio nulla. Un cameriere mi fa sedere a un tavolo di una specie di Sala degli Specchi, dove tutto dovrebbe essere luminoso per la notevole presenza di specchi, ottoni dorati e di lambris alle pareti, cioè di rivestimenti di legno che coprono le pareti della sala fino all'altezza di circa un metro. Osservo con attenzione la sala liberty che più liberty di così non si può nemmeno immaginare. L'intera sala è ornata di lampade, applique e lampadari in stile classico. La sensazione è quella di trovarsi precipitati in un ambiente di un secolo fa in cui l'atmosfera che si respira è di tipo decadente. Per dare un'idea di come è concretamente la sala ristorante e del valore del suo arredamento posso dire che essa è stata utilizzata come modello per realizzare la sala da pranzo nel film Titanic. Manca poco che si possa vedere una contessa col suo seguito. Tra l'altro mi succede qualcosa del genere che adesso vi dirò. Devo attendere un po' prima di avere la lista delle pietanze. Vado sul sicuro perchè conosco già alcune pietanze della cucina locale boema presenti nel menù. Ho letto nella mia guida che la specialità della casa è hovĕzi a houskové knediky a brusinky cioè manzo arrostito in casseruola servito con fette di grossi gnocchi di patate e mirtilli in una salsa cremosa. Per dessert un jablkový štrúdel cioè uno strudel di mele avvolte in pasta sfoglia, mentre da bere ho ordinato sklenice červeného piva, cioè un buon bicchiere di birra rossa ceca per un totale di 600 Kč. Nel mentre aspetto il dessert entra nella sala una signora alta, bionda di età non proprio giovanile che si accomoda vicino al mio tavolo. Non credo che fosse una contessa anche se lei fa di tutto per imitarla e sono sicuro che lei probabilmente avrebbe voluto essere considerata tale. L'ho osservata con discrezione e devo dire che le movenze, i gesti e gli atteggiamenti mostrati erano intenzionalmente mirati a colpire l'attenzione di qualche interessato e maturo cliente del ristorante. Chiedo il conto e ringrazio il cameriere. ll pranzo dal punto di vista della digestione sarà impegnativo; è inutile che lo nascondo. Ma io dovevo assolutamente assaggiare la specialità culinaria del posto, costi quel che costi. La città mi aspetta per una passeggiata digestiva ma anche di scoperte. All'uscita dal ristorante decido pertanto di visitare un'area ai bordi tra Nové Město e Staré Město. Mi conviene sfruttare la mia presenza in questo quartiere per ottimizzare i tempi della visita. Tra l'altro, in questo zona della città si trova il mio albergo, nel quale rientrerò al termine della passeggiata per andare a dormire per la stanchezza accumulata. E' ovvio che non cenerò di nuovo a ristorante. Probabilmente mangerò un po' di frutta per cena. Stasera deciderò. Intanto mi metto a camminare fino in fondo alla piazza dove c'è la fermata metro di Mustek (in italiano "ponticello"). Questa fermata è importante perchè si intersecano due linee, la A verde e la B gialla, e funge da stazione di scambio. Più importante è invece il fatto che la forma urbana di questa parte finale della piazza si presenta a forma di «T», nel cui incrocio si innestano due ampie strade pedonalizzate di passeggio, che sono Na prikope e Národni. Sono in dubbio se girare a sinistra in Národni verso il fiume e poi risalire la Vltava per incontrare l'attrazione turistica numero 1 di Praga, cioè ponte Carlo, oppure svoltare a destra verso Staré Město e fare una puntatina nella piazza vecchia col suo tesoro di orologio. Non so decidermi. Mi guardo indietro e vedo la lunga piazza, alla cui fine c'è il museo nazionale.

Nové Město, cioè Città Nuova, è come dicevo prima un quartiere nuovo, ovvero un quartiere di Praga che per logica si suppone essere stato costruito dopo Staré Město, che infatti significa Città Vecchia. Attenti però che Nové Město è "nuova" tanto per dire, cioè in modo molto relativo, perchè è vero che è stata costruita dopo Staré Město ma l'anno di costruzione è datato 1347, non certo un anno recente! L'ha fatta costruire uno dei due personaggi storicamente famosi di Praga che l'hanno fatto diventare grande e di cui abbiamo già parlato in precedenza nella premessa. E' stato Carlo IV che in tre anni appena l'ha fatta costruire sulla stessa sponda di Staré Město mentre, sull'altra sponda della Vltava, c'è il Castello che è il più vecchio di tutti. Tralascio tutte le notizie storiche su questi eventi perchè le si possono trovare benissimo in una qualsivoglia guida turistica o nei libri di storia. Ciò che mi interessa qui sottolineare sono però due aspetti. Il primo è di carattere storico. Forse non è stato chiarito adeguatamente, ma il 1347 ci informa che la costruzione della parte nuova della città è avvenuta "appena" ventisei anni dopo la morte di Dante Alighieri a Ravenna. Ci rendiamo conto di questo non piccolo dettaglio? E se il distretto praghese di Nové Město è stato costruito ai tempi di Dante, il nucleo più antico è stato quello esistente dall'altra parte del fiume intorno al Castello costruito addirittura intorno al X secolo, mentre la vera Città vecchia di Staré Město già esisteva da tempo e data approssimativamente intorno al 1230 subito dopo la morte di S. Francesco! Tralascio i particolari che qui non ci interessano. Ecco perchè quando con enfasi parlo dell'importanza di Praga mi riferisco al suo passato storico che ha pochi eguali in Europa e che, a quei tempi, coincideva con l'intero mondo conosciuto. Bisogna aspettare il 1492 con Colombo per scoprire l'America. Noi italiani purtroppo siamo abituati a dare giudizi sulle città dell'Est europeo nel migliore dei casi affrettati e superficiali, mentre nel peggiore dei casi totalmente errati perchè mostriamo di essere veramente ignoranti su questi fatti e accadimenti di grande rilievo storico verificatisi nella parte centro-orientale dell'Europa. Quando penso ad alcune città europee che godono, come Praga, di requisiti fondati su radici antiche e prestigiose, mi viene in mente come raffronto il piccolo paese siciliano in cui sono nato, che è possibile confrontare, sebbene in maniera un po' azzardata, con analogia e come modello di struttura topologica in similitudine con Praga. In breve, nel confronto vedo gli stessi segni che rappresentano le stesse forme, le medesime caratteristiche e la stessa conformazione del paesaggio dal punto di vista dell'insediamento umano. Al mio paese c'è una parte alta dove ha sede la città vecchia, chiamata Matrice, e che si sviluppa tutta intorno al Castello di Federico II con la chiesa, chiamata appunto chiesa della Matrice avente, dalla parte dell'entrata principale, uno slargo e alcune abitazioni signorili di vecchi casati nobili, mentre all'interno del Castello sono rimasti i segni specifici di una vita medievale che dovette a quel tempo essere stata piacevole per il ricco proprietario. Per contro, più in basso, si trova Nové Město, cioè la parte nuova del paese che si sviluppa in una grande e spaziosa piazza centrale con l'entrata della più recente chiesa del paese, chiamata u Cunventu (perchè prima c'era un Convento), meno grande della precedente ma sempre in perfetto stile barocco. Nella parte nuova il paesaggio cambia perchè la caratteristica è la spaziosità, sinonimo di novità, di 'modernità' e di cambiamento. A tale riguardo mi vengono in mente alcune cose lette nella mia guida che definiscono Nové Město come «enclave caratterizzata da un'operazione urbanistica per l'articolazione 'moderna' in grandi spazi come piazza Venceslao per il commercio di cavalli e piazza Karlovo per i bovini e un lungo boulevard alla parigina in cui le direttrici proseguono larghe e diritte contrastando con i percorsi tortuosi di Staré Město». Basta cambiare i nomi e si può rappresentare bene il mio paese come segue: «enclave caratterizzata da un'operazione urbanistica per l'articolazione 'moderna' in grandi spazi come u Chianu per la presenza della chiesa u Cunventu e il quartiere u Gattusu per il commercio di muli, asini e mucche (i più nobili cavalli, nell'economia del paese, non si usavano) e un lungo viale che attraversa u Chianu per il passeggio (lo struscio) della gente, in cui le direttrici proseguono in maniera per quei tempi eccezionalmente larghe e diritte, contrastando con i vicoli stretti e tortuosi della Matrice e di u Serru». Pensate un po', sebbene con proporzioni diverse e ambizioni culturali differenti esistono molte analogie tra la splendida "Praga della Boemia" del tempo e il "mio piccolo paese della Sicilia" orientale. Questa analogia è suffragata dal fatto che in questo paesino siciliano c'è, nel punto più alto dell'abitato, un Castello come qui a Praga che fu edificato e fortificato dall'Imperatore Federico II di Aragona e non di Svevia, intorno all'anno 1210. Mi rendo conto che mi sono preso la libertà di accostare qualcosina di siciliano con tanta enorme grazia praghese. Per questo abuso o, meglio, provocazione potrei essere accusato di "plagio manipolatorio". Ma attenzione! C'è un altro esempio di accostamento tra sicilianità e praghesità che non teme critiche e confronti. Si trova nella raccolta Autunnale barocco, scritta nel 1977 da Angelo Maria Ripellino, per i tipi di Guanda Editore, come "tentativo struggente di incrociare barocco siciliano e barocco praghese da lui spavaldamente mescolati". E visto che in tema di richiamo alla sicilianità il palermitano Ripellino non scherza, approfitto della sua colossale cultura per esagerare. Dice Ripellino che ha avuto spesso la certezza di aver abitato a Praga in altre epoche. E fa l'esempio preso dal Racconto d'inverno di William Shakespeare (commedia romantica tra la strana coppia di un re boemo e l'altro siciliano) in cui immagina di essere arrivato a Praga "al seguito della siciliana principessa Perdíta che va sposa al principe Florizel, figlio di Polissene, re di Boemia". Da notare la finezza dell'accento acuto alla ceca sulla vocale i del nome della principessa. Una Praga più siciliana di così è impossibile immaginarla. Il secondo aspetto che desidero sottolineare è di carattere linguistico e riguarda l'incredibile difficoltà di scrivere qui, in questo diario di viaggio, le parole indigene nella lingua čeština dello scrittore praghese Jaroslav Hašek che prevede, com'è noto, un larghissimo uso (e forse abuso) di segni diacritici. Non ho citato il praghese Kafka perchè Il Castello, il suo autore lo ha scritto direttamente in tedesco come abbiamo visto sopra. Dunque, nella lingua ceca questi segni diacritici sono presenti in numero incontrollato: « á ą é ĕ í ú » per le sole vocali. Se si aggiungono le consonanti il controllo diventa difficilissimo. Attenzione che gli accenti presenti su tutte le vocali non sono quelli presenti nelle nostre tastiere, ma sono orientati al contrario, cioè invece di essere accenti gravi come «è» sono accenti acuti come «é». Per ottenere queste vocali accentate è necessario utilizzare la "mappa caratteri", disgraziatamente poco pratica da maneggiare. Non voglio fare la figura dello sprovveduto, ma rimanendo in tema di lingua ceca (in ceco čeština) ho potuto notare che molti nomi di vie e di piazze contengono la lettera isolata «u» o la sillaba «Na». Penso (ma posso sbagliarmi) che la u possa avere a che fare con la declinazione dei casi di stato in luogo mediante il prepositivo ablativo di luogo. Nel frattempo ho già svoltato in Na prikope. In fondo vedo Prašná brána. Non resisto alla tentazione di vedere subito questa bellissima e famosa porta della città in stile tardo gotico chiamata appunto Prašná brána (cioè Torre della polvere), che è un vero e proprio gioiello artistico la cui realizzazione si dovrebbe riconoscere più che a un architetto, a un "artista dello scalpello" che l'ha decorata con ornamenti straordinari. Ma si sa che in genere a quei tempi gli scalpellini, nonostante fossero di una bravura mostruosa, non sono stati quasi mai ricordati. Tranne uno. A Roma Lorenzo de Simone Andreotti, scalpellino d'arte di marmo e travertino costruì, scolpendoli uno a uno, più di un secolo prima della costruzione di Prašná brána che data 1475, i centoventicinque scalini dell'attuale scalinata antistante la Basilica di Santa Maria in Ara Coeli al Campidoglio. Ricordo che siamo a Roma nel 1348. Continuando in Na prikope e prima di náměstí Republiky vedo sulla sinistra il bellissimo edificio Obecní dům, ovvero la Casa Municipale, un edificio in art nouveau in stile liberty che mi fa rimanere senza fiato a osservarlo. Osservo con interesse che a piano terra c'è un vistoso caffè ristorante. Decido pertanto di venire a mangiare qualcosa nei prossimi giorni per godere della vista della sala interna che da fuori sembra bellissima. Dall'entrata di Prašná brána imbocco in pieno centro storico la Celetná che, in poche centinaia di metri, mi porta a Staroměstské náměstí, cioè nella spettacolare Piazza Vecchia della capitale. Che dire di tutto quello che vedo intorno a me? Se non sogno non sono neanche completamente desto, perchè una densità per metro quadro di meraviglie di questo genere non è facile trovarle in un'altra città. Stupore alla vista della piazza e di tutto ciò che ne forma il perimetro. Questo straordinario e multicolore perimetro interno della piazza offre una visione spettacolare delle seguenti opere d'arte architettoniche: Chiesa di San Nicola (Sveta Mikuláš), Monumento a Jan Hus (pomnik Jana Husa), Palazzo Kinský (Palác Kinských), Municipio della Città Vecchia (Staroměstská radnice) con il suo famoso orologio astronomico (Staroměstský Orloj), Chiesa di Santa Maria di Týn (Panna Maria před Týnem e Týnský chrám) e di una serie di edifici in gotico che lasciano semplicemente stupiti. Non voglio aggiungere altro perchè come si suole dire in questi casi "non finisce qui". Penso che ogni giorno verrò in questa piazza a godermela fino in fondo. Piccola parentesi. Avevo sempre creduto che il solo luogo dove sedersi sugli scalini o per terra di una piazza o dai piedi di un obelisco per godere del paesaggio fosse Piccadilly Circus a Londra. Migliaia di foto e centinaia di filmati televisivi hanno fatto memorizzare nella mente di tutti la scena di giovani con ragazzi e ragazze seduti per terra, liberamente, come parte integrante delle bellezze della piazza di Piccadilly a Londra. Mai avrei immaginato che in un paese, in più ex-comunista, ci potesse essere di meglio. Mi convinco sempre di più della ricchezza dell'Europa, dei suoi tesori di architettura e del suo patrimonio di monumenti, ben distribuiti in decine e decine di paesi e nazioni, piccoli e grandi, al centro e alla periferia. Non mi meraviglierò più se al termine delle mie visite vedrò capitali di piccoli Stati europei in grado di suscitare in me emozioni e atmosfere di grande gioia per la presenza di piccoli grandi tesori di arte e cultura. Sono le 17 e in Staroměstské náměstí, al numero 17 presso Interchange cambio altre 50 euro a 1€=27,805 czk, ottenendo 1390 czk. Mi serviranno al momento opportuno. Penso che sia il momento di rientrare in hotel. La stanchezza si fa sentire e le gambe si piegano facilmente. Nonostante mi trovi a un tiro di schioppo dal ponte Carlo (mi separano solo alcune centinaia di metri da percorrere nella Karlova) rinvio a domani la visita. Per abbreviare i tempi prendo la metro ed esco a Pavlova. Alle 17.30 circa entro nel Supermarket MIDI in Stepanska,1 Praha2. Compro: acqua minerale Mv aguila 1,5L neperliva, una banana e uno yogurt DAN Jog Activ che mi porto in camera dalla quale non uscirò più fino all'indomani. Un po' di televisione di qualche canale ceco e un sonno ristoratore mi aspettano qui in Kateřinská, 36.
Secondo giorno Martedì 23 agosto. Dopo aver fatto colazione in albergo ho fretta di andare a vedere prima di tutto la Katedrála Sveta Vita, cioè la Cattedrale di S. Vito e, a seguire, Karlův most, ovvero il ponte Carlo. Alla reception mi hanno consigliato di arrivare per tempo nella piazza antistante la cattedrale perchè ci sono molti turisti che desiderano vederla e la coda può essere molto lunga. Pertanto prendo la Metro di buon'ora da Pavlova a Muzeum, lungo la linea rossa C per Nádraží Holešovice. A Muzeum cambio e prendo la linea A per Dejvická. Le fermate sono appena quattro: Mustek, Staroměstská, Malostranská e Hradčanská. All'uscita della Metro mi trovo vicino alla Cattedrale, sul viale Milada Horáková, attraversato il quale arrivo all'entrata principale della cittadella.

Sono emozionato come uno studente alla sua prima gita fuori porta. Vedo dei turisti che come me attraversano il verde del parco. L'atmosfera è molto simile a quella che si prova quando si va allo stadio per vedere giocare la propria squadra e si vuole arrivare primi. E' chiaro che parlare del Castello, in ceco hrad, significa sottintendere altri due nomi che non possiamo evitare di rievocare perchè legati tra di loro in maniera indissolubile e cioè il nome della città e il nome del suo più grande scrittore. Pertanto avremo «Castello=Praga=Kafka». Ma anche Il Processo non lo è di meno.. Lo dico subito perchè la mia visita a Praga sarà dominata da questi due "sinonimi" che non è assolutamente possibile ignorare. L'itinerario della cittadella è Cattedrale, Loreta, Strahov e Malá Strana. Per la verità, molta cattedrale, un po' Strahov e meno Loreta. Ripellino, a proposito della Cattedrale gotica di S. Vito, dice: «coi suoi archi rampanti, con le sue lingue di fiamma dei suoi frastagliati pinnàcoli, con le sue finestre ogivali, con le smorfie ghignanti dei suoi doccioni». La coda non è lunga ma il tempo è sufficiente per farmi ricordare il passo succitato di Praga magica che mi accompagna nell'attesa. Bastano una decina di minuti per essere ammesso, secondo Ripellino, nel «nembo di insegne, reliquie, gioielli, patène, ostensori, che si accumula nella cattedrale».

Compro il biglietto pagandolo 50 kč ed eccomi entrato. Che dire dello spettacolo che si gode all'interno guardando l'alta navata centrale? La mia guida del Touring dice tante cose interessanti. A me colpiscono alcuni particolari, che poi tanto particolari non sono per niente. Le volte gotiche, l'altezza del soffitto, le splendide vetrate di Alphonse Muchy e le tante cappelle, soprattutto quella di S. Venceslao le cui pareti sono abbellite da pietre preziose boeme incastonate in una malta d'oro che Ripellino individua in «corniòle, ametiste, calcedòni, diaspri, àgate, crisopàzi». Non aggiungo altro. Qualunque guida o manuale di viaggio, meglio ancora il libro Praga magica di Ripellino, illustrano molto meglio di me tutte le caratteristiche artistiche e architettoniche dell'edificio. Pago anche un altro biglietto, sempre 50 kč questa volta però valido due giorni. Mi serve per visitare il resto della cittadella che comprende altre visite e musei interessanti. Quali? La Galleria del Castello con il quadro Fanciulla allo specchio di Tiziano, la Festa del rosario di Dürer, la Torre delle polveri, il Palazzo reale con le tre meravigliose sale, una delle quali famosa per la defenestrazione del 1618 e, ultimo ma non meno, il pittoresco Vicolo d'oro con le sue piccole casette dai vivaci colori che sembrano le casette dei sette nani. Ricordo che in una di queste casette per alcuni mesi visse anche Franz Kafka.

Circolano ancora le notizie sugli alchimisti di Rodolfo II che vissero e lavorarono nella via adiacente Vikářská. Per favore si guardino i segni diacritici sulle lettere di questa parola ceca. Ce ne sono ben tre e tutti di difficile individuazione. Insieme a me vedo circolare centinaia di turisti di tutta Europa. L'atmosfera che si respira è quella di turisti affamati di vedere tutto quello che è possibile vedere e nel più breve tempo possibile. Purtroppo io non ho con me alcuna macchina fotografica in grado di lasciare memoria di ciò che vedo. Quando penso all'imperatore Rodolfo II immediatamente mi viene in mente il suo straordinario ritratto in veste di Verluno, dio dell'autunno, dipinto dal grande milanese Arcimboldo. Cosa non c'è in questo quadro i cui elementi della figura di Rodolfo II sono frutti, ortaggi, foglie e fiori. Incredibile. Per quei tempi il quadro dovette essere un'opera di una trasgressione inusuale. Zucca, zucchine, piselli, rape, cipolle, spighe di grano, carciofi, pannocchie di mais, grappoli d'uva bianca e nera, ribes, ciliege, prugne, fichi, pere, mele, melograni, fiori e altro. Insomma, in sintesi, il quadro dell'Arcimboldo è un trionfo di avanguardia, un pizzico di follia e una spruzzata di policromia da vero genio dell'arte pittorica. Nell'intera cittadella c'è un corri corri generale da una parte all'altra di tutto lo spazio possibile per vedere di tutto e di più, che è contagioso e fa sorridere. Eppure è così. Io vado fino in fondo al "Vicolo d'oro" da Ripellino chiamata Viuzza d'oro e a questo proposito a pag. 112 dice: «una lillipuziana stradina onirica alla periferia del sontuoso C.astello". E aggiunge: una stretta tortuosa viuzza con balestriere, una traccia di lumaca di una larghezza appena bastevole a lasciar passare le spalle [...] Ero capitato nella Via degli Alchimisti, dove nel medioevo gli adepti avevano arroventato la Pietra Filosofale e avvelenato i raggi lunari». La viuzza termina con un torrione cilindrico ovest, chiamato Daliborka, per ammirare le bellezze del luogo e del panorama. Tra le tante cose nel seminterrato ci sono alcune celle del carcere sotterraneo nel quale i prigionieri non credo abbiano soggiornato con comodità. A pag. 113 di Praga magica, Ripellino spiega origine e storia di questa torre-prigione con alcuni esempi di nomi di prigionieri che fecero una brutta fine. Mi trasferisco adesso nella Loretanska che mi permette di accedere al Monastero di Strahov, in ceco Strahovský klášter.

Di meraviglioso ci sono molte cose ma la sala della Biblioteca di Strahov e quella della Galleria sono eccelse. Devo pagare il biglietto che costa 80 kč. La sala della Biblioteca viene chiamata "Sala Teologica" con i suoi sei mappamondi e la bellissima sala che contiene gli affreschi di Siardo Nosecký. La sala teologica è collegata con la Sala Filosofica con ampie vetrate piene di libri manoscritti di inestimabile valore. Qui si possono ammirare sul soffitto a volta degli affreschi che illustrano l'allegoria della conoscenza. Il colpo d'occhio è incredibile. Si può passeggiare nella sala su un tappeto rosso lunghissimo con delle sedie su un lato delle vetrine che tentano molto il visitatore per immergersi in questo straordinario salone d'altri tempi. Alle 13.40 mi trasferisco alla Strahov Gallery in Strahovské nádvoří 1. Anche qui devo pagare il biglietto che costa meno del precedente, appena 50 kč. Ma ne vale ampiamente la spesa. Sono quasi le due del pomeriggio quando esco dal monastero e mi metto alla ricerca di un posto dove mangiare qualcosa. A due passi da qui e vicino alla chiesa di Loreto c'è un piccolo ristorante molto alla mano in un ambiente realizzato in legno che serve piatti della tradizione ceca e boema. Svíčková na smetaně s houskovými knedlíky con un boccale di birra rossa mi confermano la tradizione della cucina boema e delle birre locali che mi ridanno quella carica aggiuntiva per continuare con entusiasmo la visita. La discesa dal Castello avviene in una atmosfera magica dovuta contemporaneamente al fatto che sono soddisfatto della visita fatta all'intero Hrad e alla piacevole passeggiata in discesa che sto facendo scendendo verso il ponte Carlo. Sono proprio curioso di vedere finalmente questo famoso ponte di cui tutti parlano. Ripellino in Praga magica, relativamente alla mia discesa a Malá Strana richiama un passo de Il Processo in cui descrive il protagonista che sale e non scende per Malá Strana, a pag. 47 dice: «Al supplizio Josef K. si reca, passando per un "ponte", che è il Ponte Carlo, al di sopra di un'isoletta, che è Kampa. Le" strade in salita" corrispondono a quelle di Malá Strana, l'arena dell'esecuzione coincide con la cava di Strahov». Il percorso che faccio io invece è in discesa perchè provengo dal Castello e vado al Karlův most. Dalla Nerudova a Malostranské náměstí, quindi la Mostecká dalla quale si vede in fondo il ponte. Prima di attraversare il canale Certovká noto sulla sinistra una stradina con un cartello che indica un generico "museo Kafka". Incuriosito dalla novità controllo sulla mia guida ma non trovo alcuna informazione circa l'esistenza di questo ipotetico museo. Probabilmente la mia edizione (2002) è antecedente all'apertura del museo e, quindi, non la prevede. Dopo pochi passi eccomi in una piazzetta con l'entrata del museo. Cominciamo col dire che il Franz Kafka Museum di Praga si trova in Malá Strana sulla riva del fiume Vltava in una posizione splendida e centrale tra Karlův most, ovvero il ponte Carlo e il ponte successivo verso nord chiamato Mánesův most. La via si chiama Hergetova cihelna. Si trova in una piazzetta fiancheggiante il fiume Vltava in cui si fa fatica a comprendere che l'edificio, non essendo di quelli mastodontici e seriosi come ci si dovrebbe aspettare, è proprio del Nuovo museo Kafka. Si tratta di una specie di ex fattoria, a forma di «L» a due piani, rimessa a nuovo e completamente ricoperta di tegole rosse con un torrione di legno laterale. Non ha proprio l'aria di uno di quei musei austeri che incutono riverenza.

E forse è meglio così. Tutto sommato vedo bene questa scelta. Si intona alla perfezione con la personalità di Kafka che tutto era tranne che un esibizionista con manie di grandezza. Kafka fu un uomo semplice, di poche pretese. Nel suo capolavoro Il Castello ci sono molti riferimenti alla sua mancata eleganza. Ricordo che ll Castello (titolo originale tedesco: Das Schloß), scritto intorno al 1922 e pubblicato postumo nel 1926 è senza ombra di dubbio l'opera principale di Franz Kafka. Rappresenta magistralmente la «alienazione e la frustrazione continua dell'uomo che tenta di integrarsi in un sistema che mentre lo invita, contemporaneamente lo allontana emarginandolo». L'edizione che io posseggo è la VII edizione Medusa di Arnoldo Mondadori dell'aprile 1968. Le coordinate bibliografiche sono le seguenti: Franz Kafka, Il Castello (Prefazione di Remo Cantoni e traduzione di Anita Rho), Milano, Mondadori, 1968. E' un libro che mi è sempre stato vicino dall'università ad oggi. Nel capitolo XX, che è l'ultimo capitolo prima dell'Appendice (che contiene la variante dell'inizio, i frammenti e i passi soppressi dall'Autore), K. subendo la sfuriata dell'ostessa in relazione al suo abbigliamento riconosce di non avere senso estetico perchè scrive a pag.338: «D'altronde di vestiti non se ne intendeva affatto. Nella situazione in cui si trovava, qualunque abito pulito e non rattoppato gli sembrava magnifico». C'è un piccolo bar nella piazzetta con due statue al centro, alcune lettere K in grande stile in mostra e la sua immagine, forse una delle migliori che si sia fatto fare. Non sembra neanche brutto a parte le orecchie a sventola e uno sguardo veramente inquietante. L'impressione è che la sede sia stata inaugurata da poco, perchè è tutto nuovo e si vedono le pareti di un bianco come se fosse stata dipinta di fresco. Sono curioso di vedere come l'hanno realizzato all'interno. Spero che sia possibile vedere in qualche vetrina qualcosa dei suoi scritti originali perchè il manoscritto originale de Il Castello, la copia posseduta da Max Brod fu donata da quest'ultimo all'Università di Oxford prima che lui morisse a Tel Aviv.

Sono passate da poco le 15.00 quando pago il biglietto d'entrata di 120 kč al Franz Kafka Museum in Hergetova cihelna 2b Praha 1 Malá Strana. Nonostante la prevalenza del bianco alle pareti l'atmosfera è un po' cupa, tipica del personaggio. Detto tra noi, penso che un museo in onore di Kafka sia in teoria una delle più tremende sfide che si possano immaginare per gli organizzatori. Al di là dei pochi oggetti superstiti che si possono mostrare nelle vetrine quello che è difficile proporre è il contenuto dei temi proposti. Qui sembra che vengano mostrati due temi relativi alla vita di Kafka, articolati sul doppio fronte "spazio esistenziale" e "topografico immaginario". Non so se ci sono riusciti. Certo è che vale la pena di vederla. Sono venuto fin qui appunto per questo. Mi viene in mente che il famoso agrimensore Joseph K. chissà quante volte avrà fatto la mia stessa strada, scendendo a valle dalla sommità della collina per andare al centro storico attraverso il Karlův most.Tra le tante cose il famoso "Albergo dei Signori" altro non è che una locanda vicino a Karlův most, proprio in questa zona il cui nome è per alcuni Locanda del Ponte. Lascio Malá Strana con i suoi scorci suggestivi alle spalle e mi immetto sul ponte.

Decine e decine di statue di colore nero si presentano ai miei occhi come se mi osservassero tutte contemporaneamente e in modo inquietante. Osservo la Vltava e prendo atto che è un fiume da temere. Se un giorno ci sarà una esondazione sono sicuro che sarà un dramma perchè la sua portata non è uguale a quella del Tevere di Roma che in estate al suo confronto, come ho già detto, sembra un rigagnolo. Qui l'acqua è tanta e pure minacciosa. Ho paura che il ponte con la sua vetustà da un momento all'altro possa cedere e farmi cadere in acqua. Mi rassicurano i tanti turisti che insieme a me passeggiano sulla passerella guardando, osservando, fotografando e alcuni addirittura strofinando con la mano misteriosamente qualche statua. Le statue sono molte e di difficile individuazione. La mia guida mi dice che sono trentuno. S. Venceslao è la terza venendo da Malá Strana e andando verso la Karlova. S. Vito la quarta. La tredicesima mi colpisce particolarmente perchè è la statua di S. Vincenzo Ferreri e S. Procopio. Perbacco S. Vincenzo è il mio Santo! Cerco di trovare qualche aspetto gradevole e particolarmente espressivo che me la possa far ricordare meglio ma, alla fine di una lunga osservazione mi sembra la statua meno bella di tutte. La quattordicesima è S. Antonio da Padova: il Grande S. Antonio che è forse la statua che la gente strofina più di tutti. La si può vedere nella foto cartolina che ho acquistato al Muchovo Muzeum. La ventiduesima rappresenta i due santi Cirillo e Metodio. La ventisettesima è la Pietà. Quando penso che questo ponte è stato costruito alla fine del XIV secolo ed è ancora qui, intatto c'è di che rimanere stupiti sia per grandiosità dell'opera costruita nella sua epoca, con la tecnologia del tempo, sia per il miracolo che è alla portata di tutti quando si pensa che con tutti i conflitti europei questo ponte è stato salvato da qualunque tentativo di distruzione o di sabotaggio. Naturalmente mi viene in mente un altro ponte europeo, anch'esso famoso per altri versi, costruito sulla Drina il fiume bosniaco di cui il grande scrittore Ivo Andrić pose al centro del tema del suo straordinario romanzo Na Drini Ćuprija, in italiano Il ponte sulla Drina. Diciamo la verità Karlův most è più antico, più lungo, più grande e più spettacolare. Lascio il ponte alle mie spalle convinto che lo vedrò di nuovo ogni giorno fino alla partenza. Qui ogni breve distanza percorsa è motivo di meraviglia per le tante cose belle che si vedono. C'è una concentrazione di bellezze architettoniche per unità di superficie da fare invidia anche a Roma. Certo che Praga è bellissima. E' incredibile poi la quantità impressionante di guglie, cupole e pinnacoli che si vedono svettare verso il cielo da tutte le parti si guardi il panorama. Ma devo andare: "San Nicola" mi sta aspettando e voglio vederla prima che chiuda. Ho letto da più parti che questa chiesa praghese, a due passi dalla piazza vecchia, è unica per la bellezza del «suo» barocco e perchè dopo la visita voglio provare a fare un confronto con le altre decine di chiese barocche che esistono in Sicilia, compresa quella del mio piccolo paese che ha lo stesso nome anche se pomposamente più lungo: Duomo di Santa Maria Assunta e San Nicolò Vescovo o Matrice. Ci arrivo quasi subito, dopo una breve camminata prima nella Karlova, successivamente in Malé náměstí, infine in Staroměstské náměstí e, girato l'angolo, ecco la bella facciata della Sveta Mikuláš ora diventata, dopo vari passaggi di proprietà, sveta husitska, cioè "chiesa hussita". Sia l'esterno e a maggior ragione l'interno sono semplicemente spettacolari. In linguaggio di storia dell'arte si direbbe che «le geometrie di curve tipiche dei Dientzenhofer sono armonizzate quasi senza soluzione di continuità, creando raffinati dinamismi. [...] L'insieme strabiliante di quadrature prospettiche e scorci rimanda alla grande tradizione tiepolesca». Belle parole vero? Non sono mie. Indipendentemente dal linguaggio raffinato e tecnico quel molti "qualcuno" che materialmente l'hanno costruita meriterebbero gratitudine eterna per avermi permesso di vedere questo incanto. Nomino in sequenza cronologica questi personaggi dell'arte e della cultura, alcuni cechi ma altri italiani. Sono: P. Bos, Giovanni Domenico Orsi, Kryštof Dientzenhofer padre, Kilián Ignác Dientzenhofer figlio e Anselmo Lurago. Forse ne ho trascurato qualcuno ma sicuramente dobbiamo ai Dientzenhofer padre e figlio la maggiore responsabilità e bravura nella costruzione di questo gioiello dell'arte barocca ceca. Sveta Mikuláš rappresenta una robusta concezione di duomo che è impossibile scindere dalla città di Praga. Visitandola più di una volta mi è corsa in mente l'idea di smontarla pezzo per pezzo e trasportarla in Sicilia, come ha fatto un riccone statunitense con il vecchio ponte inglese London Bridge che dopo averlo pagato al governo inglese nel 1960 lo ha accuratamente smontato, numerato tutte le pietre, trasportato negli USA e riassemblato a Lake Havasu City , in Arizona. Adesso si chiama ponte di Rennie. Quanto mi piacerebbe averla vicino casa e andare a messa la domenica mattina respirando aria intrisa di funzioni religiose gesuitiche, canti gregoriani in latino e odorare i fumi dell'incenso. Io che mi sono sempre sentito pienamente laico e che ho assunto sempre e costantemente un atteggiamento di opposizione critica all'ingerenza del potere ecclesiastico nella vita politica e sociale italiana provo tuttavia gratitudine per la religione per essere riuscita a creare opere di una bellezza rara e alcune volte uniche e, soprattutto, di averle preservate dalla folle ed egoistica fame del potere politico italiano di fare scempio di così rara grazia artistica. Più di una volta mi sono posto la domanda di che cosa sarebbe successo ai grandi manufatti artistici di Roma se il comunismo avesse attecchito in Italia e a Roma in particolare. Apro una parentesi polemica per dire che sarebbe stato ancora peggio se le opere fossero state date in pasto alle ciniche, indolenti e qualunquiste autorità municipali romane. Conoscendo poi il sinistrismo dei miei concittadini romani sono convinto che avrebbero, nella loro fobia anticlericale, distrutto tutto ciò che più di bello è stato costruito negli ultimi mille anni. Basta vedere in che condizioni terribili è stata lasciata questa chiesa dal comunismo cecoslovacco e si avrà la misura del debito di riconoscenza che abbiamo nei confronti del cristianesimo tutto, compreso quello ortodosso e di tutte le chiese della Riforma. Infatti la chiesa di svatý Mikuláš, all'interno, è in uno stato scadente. Sembra essere una chiesa abbandonata. Molti altari delle varie cappelle laterali sono pieni di polvere e si notano molte screpolature nell'intonaco delle pareti. Gli intarsi di legno nelle loro linee rotondeggianti avrebbero bisogno di essere riprese con cera liquida rigeneratrice del legno. Riesco anche a salire i gradini che mi portano in alto alla base di appoggio della cupola nella volta interna da dove faccio il giro di un lato della balconata osservando uno spettacolo insolito nel vedere le sculture ornamentali dall'alto. Penso adesso come confrontare Sveta Mikuláš con altre chiese barocche siciliane. Sicuramente è un bel "testa a testa" fra la ceca perfezione di Sveta Mikuláš come primo termine di paragone e tanto per fare alcuni nomi la chiesa di S. Giorgio a Modica (Ragusa), la chiesa S. Domenico a Noto (Siracusa) e, per le forme esterne meno rotondeggianti, la cattedrale di Siracusa, la chiesa della Santissima Annunziata a Messina, la chiesa madre a Palma di Montechiaro, la Chiesa di Santa Teresa alla Kalsa di Palermo, le due Basiliche della Collegiata di Santa Maria dell'Elemosina e di Santa Maria Santissima dell'Elemosina, entrambe a Catania, la Chiesa Madre di San Giorgio a Modica, il Monastero di San Nicolò Arena a Catania, la chiesa di San Giuseppe a Ragusa Iblea, la Chiesa di San Benedetto a Catania e "last but not least" il Duomo di Santa Maria Assunta e San Nicolò Vescovo o Matrice del mio paese. La Sicilia abbonda di chiese e palazzi barocchi. Non faccio qui alcuna graduatoria. Dico solo che la diversità è un valore e per essere più precisi affermo che solo l'ultima non è all'altezza della prima. Certo ci sono più barocchi perchè come dice Guido Piovene a pag. 605 nel suo bellissimo libro Viaggio in Italia: il «barocco siciliano, quale lo si vede a Catania, ad Acireale, a Noto, per dire solo i luoghi dove eccelle di più, è diverso da tutti gli altri, e non si può confonderlo nè con quello spagnolo nè con quello chiamato coloniale ». Dunque, niente graduatorie ma, se si vuole, solo gerarchie di quantità per l'alto numero di chiese barocche presenti in Sicilia, tutte di altissimo valore artistico. Esco da Sveta Mikuláš più che soddisfatto. A due passi c'è la bellissima Staroměstské náměstí con la statua a Jan Hus. Sono tentato di fare anche qui un confronto con l'analoga statua di Giordano Bruno in Campo de' Fiori a Roma. Ma ci rinuncio subito perchè non mi riconosco le competenze storico-filosofiche per una attività così delicata e difficile. Rimane il fatto che i due monumenti in bronzo rappresentano due eventi storici relativi alla religione cattolica che li condannò entrambi al rogo. Tuttavia, mentre nel caso di Campo dei Fiori a Roma Giordano Bruno è raffigurato solo e pensieroso sul piedistallo con in testa il cappuccio di monaco e un libro in mano, mentre nel caso di Jan Hus ci troviamo, viceversa, in presenza di un gruppo numeroso di statue, tra le quali svetta quella di Hus che guarda verso la cattedrale. Dunque, se è vero che ci sono delle somiglianze è altrettanto vero che ci sono anche delle diversità. Per curiosità Ripellino ricorda a pag. 84 di Praga magica che «nel 1588, due anni prima di essere gettato sul rogo, visitò Praga». "Me partii ed andai a Praga, e stetti sei mesi" scrive Bruno nei Documenti veneti IX. E' vero, stette sei mesi ma ambiva a rimanere anni. E invece così non fu perchè alla corte rodolfina viveva in quel periodo un altro italiano, il rancoroso Fabrizio Mordente (di nome e di fatto), che si adoperò con l'Imperatore per non farlo stare a Praga. Lo scrive Anacleto Verrecchia nel suo libro Giordano Bruno: la falena dello spirito, a pag. 189, per i tipi di Donzelli Editore. Non è una notizia da poco se è vero come è vero che il cerchio inquisitorio nato con Hus nel 1415 si chiuse a Roma con Bruno dopo che questi nondimeno visitò Praga. Faccio notare che nelle parole di Ripellino c'è un errore che riguarda l'anno della morte di Bruno a Roma. Dalle parole scritte nel libro Praga magica appare che fu nel 1590, mentre al contrario Bruno fu ucciso sul rogo nel 1600, cioè ben dodici anni dopo e non due anni dopo il suo viaggio a Praga. Ricordo bene questi passaggi storici, perchè nel 1984 assistetti a Roma in una saletta del centro storico a una piacevole e interessante conferenza del prof. Luigi Firpo, dal titolo "Il processo di Giordano Bruno". Sono quasi le diciannove ed io scopro di avere bisogno di denaro contante in korone ceche per le mie esigenze personali. Questa necessità mi obbliga, nei pressi della Staroměstské náměstí, a entrare in Eurochange, un cambia valuta che a fronte di 50 euro da cambiare (1€=28,900 kč, con una commissione di 75,00 kč) riscuoto 1370 kč. Evidentemente a Praga ognuno ha il suo cambio personale. Capisco che mischiare roghi, personalità religiose e fatti storici con le miserie umane inerenti al "vil denaro" possa sembrare una grave mancanza di rispetto e di senso della misura. Ricordo tuttavia che il turista ha un'altra visione durante i suoi viaggi, in quanto deve conciliare esigenze apparentemente diverse dalla cultura ma maledettamente importanti per la sua esistenza. Mi incammino verso l'albergo perchè desidero riposare un po'. Penso a Praga e alle sue molte chiese e faccio qualche considerazione personale nella mia mente. A Praga oltre a via Kateřinská (dovuta alla presenza della chiesa di S. Caterina) c'è anche una via Salvátorská (ovviamente anche qua per la presenza di una chiesa, chiamata del S. Salvatore). Si trova a meno di cento metri a nord di Staroměstské náměstí. Mi rimane da trovare una eventuale via Serginska, o qualcosa del genere, e avrei raccolto a Praga i nomi dell'intera mia famiglia di nascita al completo di madre, padre e fratello. Sfortunatamente qui a Praga non mi risulta una chiesa intestata a nessun san Sergio anche se a Urbino esiste una chiesa intitolata a S. Sergio, fondata in epoca bizantina rinascimentale, mentre in Russia a Novgorod c'è la chiesa di San Sergio di Radonež (Церковь преподобного Сергия Радонежского), senza dimenticare poi che alla fine del secolo VII c'è stato il papa San Sergio I. Per rimanere in tema di soggetti chiamati Sergej e aventi legami con Praga ci sarebbe da ricordare il regista cinematografico russo Sergej Iosifovic Jutkevic, tra l'altro "Leone d'oro" alla carriera alla Mostra del cinema di Venezia di qualche decennio fa. Questo regista di nome Sergej con la città di Praga ha in comune l'interesse per l'autore del Buon soldato Švejk. Realizzò infatti alcuni film che hanno come protagonista il personaggio letterario di Jaroslav Hašek : "I nuovi racconti del bravo soldato Švejk" del 1941, "Švejk si prepara per la guerra" del 1942 e "Le nuove avventure di Švejk" del 1943. Non c'è che dire: a Praga storia, cinema e cultura sono di casa. E' proprio una bella città.
Terzo giorno Mercoledì 24 agosto. Oggi è una giornata importante perchè con l'esperienza maturata nei due giorni precedenti dovrei completare la maggior parte delle visite che mi rimangono da fare con maggiore celerità ed efficacia dei giorni passati. Il programma prevede di visitare prima la "parte ebraica" della città, nella parte nord di Staré Mesto (ghetto ebraico, cimitero, sinagoghe e probabilmente anche ristorazione) e successivamente la parte ovest di Staré Mesto, quella vicino al fiume Vltava, tanto per intenderci. Una visita a Praga senza vedere il cimitero ebraico di Josefov è impensabile. Eccomi dunque "gambe in spalla" e scendere alla fermata della Metro della linea A, colore blu, la più vicina alla meta che è Staroměstská. La zona dell'acquartieramento ebraico di Josefov a Praga si trova delimitata da alcune strade. Innanzitutto la Široká, che interseca la Pařížská, oltre la quale pressappoco prende il nome di Vězeňská. La perpendicolare a questo asse orizzontale, rappresentato dalla Dušní ad est e dalla Listopadu ad ovest. In questo quadrante di Staré Mesto si trova quasi tutto ciò che fa capo all'ebraismo antico di Praga. Per l'esattezza io mi trovo al numero 25 della Široká. L'entrata costa 300 kč. Faccio notare che il biglietto è cumulativo di una serie di edifici di culto sebbene sia indicata l'ubicazione u Staré Školy 1 Praha1. La prima cosa che voglio vedere è lo Starý židovský hřbitov, cioè il cimitero ebraico vero e proprio di Praga che ai tempi di Rodolfo II era l'unico giardino possibile e immaginabile per una popolazione relegata nei suoi diritti di circolazione. Questo piccolo tesoro di verde si trovava tra piccole case primitive ammassate in viuzze strette e intricate. Su questa questione dei ghetti ebraici nelle città europee avrei molto da dire a tutti coloro che praticano l'antisemitismo. Il rischio è che gli ebrei europei in generale, e quelli praghesi in particolare, dopo essere stati discriminati e aver vissuto in condizioni di semi schiavitù per secoli, invece di essere riabilitati (e con le scuse) hanno dovuto patire una seconda e più grave politica di segregazione nel '900 con i progrom e le leggi razziali naziste di cui l'Italia fascista si è resa protagonista in modo vergognoso e inaccettabile in Europa. Mi domando cosa sarebbe successo se ad essere discriminati al posto degli ebrei fossero stati i biondi ariani del centro Europa o i discendenti latini degli antichi romani. Ecco, suggerirei loro di pensare a questa semplice idea per avere un quadro molto diverso di come vedono deformata la questione ebraica in Europa. Purtroppo, la stupidità umana è così copiosa e abbondante che certe volte si fa prendere la mano e si fa beffe dell'intelligenza. Aggiungo che i nazisti raccolsero da tutte le sinagoghe d'Europa molto materiale storico e religioso perchè era loro intenzione fondare un incredibile "Museo della razza estinta" in memoria del popolo che volevano sterminare. Ma ci si rende conto del significato di questo progetto? Non credo che si possa immaginare un modo più distorto dell'uso dell'intelligenza umana. Entro nel cimitero e rimango colpito dall'alta concentrazione per unità di superficie di antiche lapidi in pietra di tutte le dimensioni e forme.

Sembra un paesaggio da racconti di elfi e templari, un paesaggio di altri tempi, con l'aggiunta di un inquietante silenzio del luogo. L'abbondanza di verde e la scarsa luce che filtra dagli alberi molto vicini tra di loro, altresì, creano un paesaggio quasi spettrale da film di Alfred Hitchcock. Nonostante il cimitero sia piccolo non si sentono i rumori della città a latere. Mi sembra di essere al cinema e vedere da un momento all'altro qualche drago che tra una tomba e un albero lancia fiamme su noi poveri e ignari turisti che visitiamo il luogo. Evidentemente si è capito che non sono solo. Ci sono frotte di turisti anziani del nord Europa con una buona schiera di persone di lingua spagnola. La tomba più visitata e pubblicizzata di tutte è quella del Rabbino Jehuda Löw, che è stato colui che nel 1592 incontrò addirittura l'imperatore Rodolfo II per parlare con lui delle condizioni del ghetto e, soprattutto, di mettere al corrente il sovrano delle ricerche mistiche e cabalistiche da lui effettuate in tanti anni di riflessioni e di lavoro. Entrambi non scherzavano con questa storia della Cabala. Si sa che in quel periodo a Praga fervevano lavori di ricerca alchemica per trovare la famosa "pietra filosofale". Un progetto raro e ambizioso per quei tempi, che permise alla città di Praga di diventare in quel tempo l'attuale tempio della ricerca scientifica come lo è attualmente il CERN di Ginevra. Tanto per richiamare viceversa una coppia di uomini veri di scienza e astronomia e non dei furbacchioni di astrologia, ricordo che Löw morì l'anno precedente in cui Galileo Galileo (1610) pubblicò in latino il Sidereus Nuncius, trattato di astronomia che significa "messaggio proveniente dalle stelle". Ed è un vero messaggio quello che il cimitero propone a proposito del fatto che esso rappresenta un luogo triste e angosciante, sebbene all'uscita dal recinto ci si viene a trovare dopo un incrocio in una delle strade più trafficate della capitale chiamata Pařížská, che com'è noto è senza ombra di dubbio una delle strade più eleganti e raffinate della capitale. Il secondo astronomo, e non astrologo, è Giovanni Keplero il quale scoprì empiricamente le leggi che regolano il movimento dei pianeti intorno al Sole. Entrambi non si interessavano ai segni zodiacali e agli ascendenti per interpretare sogni o fantasie del genere, ma avevano a cuore la conoscenza matematica dei meccanismi scientifici che stanno alla base delle leggi dell'Universo. Quando penso che milioni di miei connazionali di tutte le classi sociali, compresi i laureati, quando leggono il quotidiano la prima pagina che leggono è la pagina dell'oroscopo, capisco perchè l'Italia è un paese in cui molti credono nella superstizione e disperdono il capitale di buon senso e di razionalità. C'è di che vergognarsi ad avere connazionali così superstiziosi, pieni di pregiudizi e di manie scaramantiche.

Dopo essere uscito dal cimitero e avere visitato la sinagoga presente all'interno del recinto fa una certa impressione vedere il contrasto tra il dentro e il fuori, come se improvvisamente fossi passato dall'antico al moderno o dal fantastico al reale in pochi istanti di tempo. Mi sposto sulla Maiselova al numero 18 di Praha1 per vedere la Staronová Synagoga chiamata "Vecchia-Nuova Sinagoga". Il biglietto costa 200 kč. E' l'edificio più antico del quartiere e rappresenta la "sinagoga madre", anche se qui intorno ci sono alle altre cinque sinagoghe facenti parte del circuito legato ai due poli museali dello Židovské Museum V Praze e della Staronová Synagoga. Non ho l'intenzione di vistarle tutte ma in questa sinagoga dal nome strano di "vecchia-nuova" si può ammirare il famoso rotolo della Torah, oltre ad altri simboli importanti dell'ebraismo, come una bandiera dono dell'Imperatore Ferdinando II per il valore mostrato dagli ebrei durante la battaglia contro gli svedesi nell'anno 1648, sei anni dopo la morte di Galileo e la contemporanea nascita di Isaac Newton. Fa impressione vedere il rotolo di pergamena nella vetrina a pochi centimetri dal mio naso come oggetto di culto antico. Si immagini un po' cosa vuol dire nella religione ebraica per un ebreo la sua esistenza e lo si confronti nelle altre religioni con qualcosa di analogo. La Sinagoga mostra una impostazione a tre navate della sala centrale, con un matroneo (balconata femminile) al piano superiore. Le donne ebree, discriminate come quelle mussulmane, durante la funzione religiosa sono abbligate ad essere divise dagli uomini, e non hanno accesso diretto nella sala della cerimonia religiosa. E' la solita storia della discriminazione della donna in tutte le religioni, compresa quella cattolica. Fermiamoci qui perchè ho desiderio di cambiare argomento.

Questi discorsi mi creano inquietudine, perchè non ho mai accettato l'idea stessa della discriminazione che, purtroppo, devo ammettere si annida anche in ambienti, come quelli religiosi, dai quali non ci si aspetterebbe. Nella Maiselova mi sposto di poco, dal n.18 al n.27 che è la casa dove nacque Kafka il 3 luglio 1883. Ricordo che ci troviamo nel quartiere ebraico, che il marciapiedi della Maiselova è limitrofo al muro del cimitero ebraico e che il giovane Franz nacque in una famiglia di ebrei askenaziti di madrelingua tedesca proprio nell'edificio che sto attualmente guardando. I genitori stavano economicamente bene e appartenevano alla borghesia praghese. Il padre infatti era un agiato commerciante ebreo che aveva una specie di emporio che gestiva insieme alla madre, grande lavoratrice e acuta collaboratrice del marito soprattutto dal punto di vista della tenuta dei conti. Nella foto accanto Franz ha cinque anni. Aveva tre sorelle di nome Elli, Valli e Ottla. I suoi due fratelli invece morirono in età giovanissima, quasi da neonati. La foto lo ritrae cavallerizzo nello studio di un fotografo vicino a una pecora piuttosto che a un cavallo. La foto (originale Wikipedia a questo link) è un classico dei bambini che venivano immortalati vicino a una sagoma che simula un animale. La Maiselova è una strada anonima, di breve lunghezza, senza particolari notevoli da colpire la mia attenzione. La lascio alle mie spalle e continuo la passeggiata svoltando nella liberty Pařížská. Questa bellissima strada mi cambia completamente umore, facendomi ritornare sereno e disteso. Staroměstské náměstí è a due passi e merito di vedere di nuovo lo straordinario colpo d'occhio che essa offre.

Riprenderemo il discorso su Kafka in un altro momento. Qui mi preme solo sottolineare che sessantatrè anni dopo la nascita di Kafka avvenuta nella mitteleuropea Praga, in un altro posto a sud d'Europa, in Sicilia, in un paesino alle falde dell'Etna, nacque un altro bambino che da grande si innamorò delle opere di Franz Kafka e che da bambino si presentava molto simile al futuro famoso scrittore. Lo si vede nella seconda foto più in basso in una posa simile a quella precedente, nonostante i 2044 chilometri di distanza fra le due località, a dispetto dei 63 anni di differenza temporale in cui sono state scattate le due foto e sebbene i soggetti interessati parlassero due lingue profondamente differenti. Insomma, diversi ma simili. D'altronde si è sempre detto che i bambini sono tutti uguali a tutte le latitudini e longitudini del mondo, no? Mi si perdoni l'accostamento irriverente tra me e Franz, ma in un diario di viaggio la divagazione è lecita ed anche permessa, perchè fa parte delle riflessioni personali che il viaggiatore ha diritto di fare a condizione che alla fine, ciò che conta, è la stima e l'ammirazione per il grande scrittore ceco siano veramente tangibili e concrete. Quando si parla di casa natia, di infanzia e di luoghi di famiglia è difficile non ricordare il proprio passato e le condizioni in cui abbiamo vissuto l'infanzia che ci abbracciò accogliendoci alla vita in mezzo agli affetti dei nostri genitori. Ma ritorniamo a Praga e alle meraviglie della Staroměstské náměstí, interamente perimetrata da palazzi d'epoca. Certo che l'orologio astronomico è di una bellezza più unica che rara. Si va dall'aquila all'Arcangelo Gabriele e persino a una scimmia per colpire l'attenzione di questo vero e proprio gioiello del 1400. Ci sono lancette che si muovono sopra e tra i quadranti. Ci sono le immancabili figure allegoriche che richiamano idee, filosofia e cultura. C'è di tutto. Ci sono persino i vizi tipici del mondo e degli uomini, con le loro paure; c'è la vanità, l'avarizia, la morte e addirittura l'ottomano, simbolo dello scontro di civiltà fra il mondo mussulmano e quello cristiano. Si arriva, per finire, all'angelo, all'astronomo e al filosofo. Il tutto accompagnato da un'animazione delle figure allegoriche che lascia senza fiato chi le osserva. In Praga Magica Ripellino a pag. 20 a proposito dei suoi ricordi relativi alle cose osservate da me sopra dice: «E la torre del Municipio della Città Vecchia, col calendario dipinto da Josef Mánes, "ciclo di dodici idilli sulla vita del contadino boemo", e con l'orologio astrologico di Maestro Hanuš, sopra cui si anima, al batter delle ore, un teatrino allegorico. Dietro due finestrine vedi sfilare un gruppetto di piccole statue: gli Apostoli col Salvatore, e la morte che alletta l'avaro e l'avaro che la respinge, e il turco, ed altre figure, finché, al canto di un gallo, tutto sparisce». Non mi stancherei di osservarlo. Purtroppo si è fatto tardi e il mio stomaco reclama il pasto giornaliero. Decido di presentarmi non molto lontano da qui, in u Obecního Domu 1, presso il Restaurace «Sarah Bernhardt» di Praha. Il ristorante si trova a pianterreno nell'hotel Părĭz, in un edificio straordinariamente bello e affascinante. La scelta tiene conto che qui è molto probabile che le pietanze locali soddisfino il criterio della tradizione e del gusto. Decido pertanto di entrare dopo aver visto il menù posto all'esterno, vicino l'entrata. Vengo subito avvicinato da un cameriere del ristorante che mi invita a sedermi ad un tavolo di mio gradimento. Scelgo un tavolo quadrato piccolo per due persone in fondo alla sala, a destra all'entrata. Pochi istanti dopo si presenta il direttore di sala che mi saluta. Vengo osservato con molta attenzione. Probabilmente vuole farsi un'idea della tipologia di cliente alla quale appartengo. Ringrazio in inglese e inizia da parte sua una sottile strategia di accalappiamento per indurmi ad ordinare delle pietanze di suo gradimento. Vedo che non riesce a individuare la mia nazionalità, perchè tenta un approccio linguistico prima in francese, poi in spagnolo e, quindi, in tedesco. Nel momento in cui cambia lingua lo vedo essere sempre più in difficoltà. Ho con me la guida di Praga del Touring, appoggiata sul tavolo con la parte scritta in italiano accuratamente nascosta, per evitare di essere identificato. Frequentemente nei ristoranti "titolati", applico quasi sempre questa strategia che mi mette di buon umore per vedere se il cameriere riesce a riconoscere la mia nazionalità.

Alcuni ci riescono subito, altri meno. Lui appartiene a questa seconda categoria. Si assenta un attimo per permettere al suo collega, specialista sommelier, di suggerirmi il tipo di vino da abbinare al piatto. Naturalmente non abbocco. La bottiglia di vino meno pregiata costa il doppio del budget che ho stabilito per l'intero pranzo. Pertanto, dopo aver fatto qualche smorfia di perplessità mostrando, in modo un po' sfrontato delusione, faccio osservare che la lista non è completa e che dunque ero costretto a scegliere della buona birra locale. Deluso si ritira mentre arriva il direttore di sala con il menù. Anche qui dopo vani suggerimenti, e sempre in inglese, chiedo una pietanza della cucina ceca tradizionale che, tra l'altro in modo non certo casuale viene da me scelta perchè è quella che costa meno. In pratica prendo un solo tipico piatto tradizionale di carne. Esplicito la mia decisione di bere una birra e mi godo i pochi minuti che precedono la succulenta portata osservando gli interni. Con la coda dell'occhio vedo il direttore che tenta un'altra volta di capire la lingua della mia guida da me accuratamente celata sotto una cartina di Praga. I tavoli sono curati nel dettaglio. Le posate sono rigorosamente in argento con calici di cristallo pulitissimi. La tovaglia è di un bianco che più bianco non potrebbe essere e l'atmosfera è decisamente di livello superiore. Pubblico sopra la ricevuta fiscale del ristorante.
All'uscita mi dirigo verso la Vltava perchè desidero adesso visitare la parte ovest della città vecchia. Innanzitutto in Mariánské náměstí il Clementinum da non confondere con il Carolinum. L'abbondanza di tesori architettonici ed artistici qui è straordinaria. Non ho tempo per visitarlo e devo accontentarmi di vederne le facciate più importanti. Non si può vedere tutto. So che all'interno c'è una biblioteca da fare invidia alle più famose del continente. D'altronde dopo aver visto la collezione di libri a Strahov c'è di che giurarci delle bellezze di questo gioiello della cultura praghese. Prossima meta più a sud è il Národní divadlo, ovvero il Teatro Nazionale.

Già la sola cupola fa capire di che pasta è fatta questo ennesimo gioiello di Praga. Si tratta di un simbolo della ricca tradizione artistica e musicale boema che fa onore al paese. E' semplicemente spettacolare. La passeggiata continua ancora muovendomi sempre verso sud sul lato del fiume. Il paesaggio è interessante. Vedo prima la Kampa ostrov cioè l'isola di Kampa che visiterò domani e di seguito la Slovanský ostrov, cioè l'isola slava delle stesse dimensioni di quella di Kampa. A proposito l'isola di Kampa, fatti i dovuti distinguo, mi ricorda l'isola Tiberina a Roma. Percorrendo la Masarykovo nábřeží mi avvicino al Jiráskův most che si affaccia nella Jiráskovo náměstí, cioè la piazza Jiráskovo che mi permette di vedere la "Casa danzante" più conosciuta sotto il nome di Ginger e Fred, ovvero una costruzione che è stata concepita come un innesto tra i corpi di due palazzine che evocano un abbraccio di ballerini come la famosa coppia statunitense formata Ginger Rogers e Fred Astair. All'interno una parte della costruzione (la parte di Ginger) è una specie di museo provvisorio con la frase del suo architetto canadese Frank Gehry che dice: "Quando tutti gli altri sono pronti per la fine, io sono pronto solo per l'inizio". Come si voglia giudicare questa costruzione è affare personale. Tuttavia non c'è ombra di dubbio che è una caratteristica della città molto ricercata dai turisti, me compreso. Il fatto che io sia qui è perchè sono stato mosso da curiosità. Si sa che i gusti del turista non possono e non devono essere mai giudicati negativamente. Sarebbe "turistically incorrect". Dalla "palazzina danzante" attraverso la Resslova mi porto in Karlovo náměstí e da qui percorrendo la Spálená arrivo in Národni il bel viale che termina al Teatro nazionale. Osservo che nessuna strada è preceduta dal nome "via". La cosa mi sembra strana. Qui a Praga non si vedono nè Boulevard, e neanche ulice. Qui non si parla di Ulice Národni o Boulevard Národni ma semplicemente di Národni. Come mai? Rimango col dubbio che le strade praghesi o addirittura dell'intera Repubblica Ceca non sono precedute dal nome «via». Mi viene in mente che omettendo il nome via ci sarà da qualche parte a Praha una Římská ma non una ulice Římská. A proposito c'è una via Roma a Praga? A Roma c'è una via Praga. Si trova nel quartiere EUR. A vedere la mia mappa c'è una Římská non lontano da qui. Mi viene voglia di vederla ma prima desidero prendere una tazza di thè o di caffè, al Louvre che è una istituzione. Il Cafè Louvre non è lontano e poi è anche famoso. In verità ho fatto questa strada proprio perchè mi interessa questo Cafè inaugurato nel 1902. Allo Slavia, Cafè diretto concorrente del Louvre, ci andrò domani.

Si trova in Národni 22 in un bell’edificio in stile neorococò che avrebbe necessità di una ristrutturazione. Nonostante l’entrata del Cafè si trovi a piano terra il Cafè vero e proprio è al primo piano, mentre nel sottoscala c’è un club di jazz. Salgo le scale e sul pianerottolo nella parete intravvedo un quadro. L’interno mostra uno stile ormai desueto e fuori moda che ricorda i bei tempi andati. Qui a Praga i Cafè letterari di pregio artistico come lo erano una volta non si contano. Un breve elenco dei più importanti, oltre ai due sopra citati, sono: Hotel Europa, Hotel Părĭz (in entrambi ci sono stato), u Červeného Páva, Obecní dům e altri che non ricordo. Prendo un cappuccino con uno strudel di mele caldo. I tavoli sono quasi tutti occupati e la gente parla in tutta rilassatezza senza disturbare. E’ bello stare qui. Quando penso che in questo locale, e anche negli altri, agli inizi del secolo scorso si incontravano gli intellettuali tedeschi del tempo, compresi il duo FranzKafka-Max Brod intenti a discutere di posizioni filosofiche e psicologiche non credo ai miei occhi. Esco dal Cafè rinfrancato e gambe in spalla mi metto in cammino. Da Národni a Františkánská zahrada (una vera osasi verde), da Vodičkova a Václavské námĕsti e da qui alle spalle del Muzeum, ecco che appare la Římská. Volendo avrei potuto prendere la metro a Můstek e dopo una sola fermata della linea verde sarei arrivato vicinissimo alla Římská, "Via Roma" a Praga è una via secondaria. Mi ricorda tanto le strade del quartiere Ottaviano a Roma, vicino al Vaticano. I palazzi hanno lo stesso stile. La rassomiglianza è notevole. Ci sono anche gli stessi tipi di portoni d'entrata in legno. Bene, vuol dire che con una buona dose di immaginazione si può pensare che vivere a Praga è lo stesso che vivere a Roma. E' ora di rientrare in hotel. Mi dirigo verso la Stepanska al Supermarket MIDI in Stepanska,1 Praha2. Compro: Cok Milka100g orech drceny, syr leerdammer platky 150g, danone Yog activ 125g fik, pm p rohlik 43g, cga 0,51 bonaqua keperliva, vaha banany per un totale di 122 czk. Stasera cenerò in camera e vedrò la tv. Sono stanco e mi voglio riposare.
Quarto giorno Giovedì 25 Agosto. Oggi è l'ultima giornata che precede la partenza. Al centro delle mie attenzioni ci sono alcuni obiettivi di arte e storia dell'arte che ho finora lasciato in disparte. D'altronde non si può visitare tutto. Praga è così piena di tesori d'arte e di cultura che è praticamente impossibile in quattro giorni vedere tutto. Anzi. La cosa che mi colpisce di più è che ogni edificio della città vecchia ha qualche tesoro d'arte al suo interno: musei, saloni e decine di altri elementi architettonici e artistici di per se così interessanti da costituire potenziali centri museali. E se uno di questi edifici è veramente anonimo, con nulla di interessante da mostrare, allora vuol dire che l'interesse si sposta nella piazza o nella via in cui esso si trova. Questa caratteristica di Praga è veramente straordinaria. Innanzitutto mi interessa vedere il Museo Alfonse Muchy, cioè il Muchovo Muzeum che si trova in Panska 7 nel palazzo barocco Kaunický palác. Il cognome in ceco di questo famoso pittore è Muchy ma è più conosciuto col nome inglese di Mucha. Siamo a due passi da Piazza S. Venceslao. Sono quasi le 11 quando entro al Museo in cui sono rappresentate le opere del più famoso pittore artista ceco di tutti i tempi. Si tratta di pannelli decorativi, disegni, quadri e preziosi cartelloni parigini con al centro della scena la rinomata attrice Sarah Bernhardt in grado di impreziosire la grafica in maniera straordinaria. L'art nouveau poneva l'accento principalmente sulla decorazione pittorica (anche scultorea) che assumeva spesso le forme aggraziate di una figura femminile. Sarah Bernardt fu un'alta espressione di questa idea. Diciamo subito che il rapporto Muchy-Bernhardt risale al 1894 e riguarda la richiesta di Sarah Bernhardt ad Alfons Muchy di disegnare i propri manifesti pubblicitari secondo la moda fin-de-siècle di Parigi. Muchy ovviamente accettò e per sei anni il rapporto fu vicendevolmente fruttuoso per entrambi. Certo, vedere recitare in quell'anno o, meglio, vedere oggi una sua foto di quando recitò La Signora delle Camelie di Alexandre Dumas figlio, nel ruolo di Marguerite Gautier nel 1896, e vedere poi i disegni di Muchy in cui la rappresenta come un'icona del liberty non c'è di che meravigliarsi. Ma è proprio questo rapporto di causalità in cui a un'immagine della divina Sarah è associato uno o più disegni si vede la grandezza dell'artista Muchy che ci deve fare pensare a quanto grande sia stata la bravura di questo genio dell'art nouveau.

Mi piace riportare qui una frase asciutta e sintetica che l'Enciclopedia Treccani dedica a Sarah Bernardt: «seppe armonizzare, con prodigioso senso della scena, slancio lirico, efficacia drammatica, plasticità di atteggiamenti». Sappiamo dunque chi fu la Bernardt. Non per nulla il ristorante dell''hotel Părĭz, dove ho pranzato io ieri, è dedicato proprio a lei, attrice francese nell'hotel che ha il nome della sua città Parigi. Ma io sono qui per il maestro dello Jugendstil, ovvero per quell'A. (A. sta per Alfonse come K. sta per Kafka) che realizzò la meravigliosa Vetrata alla Cattedrale di San Vito. Anche per Muchy l'Enciclopedia Treccani dice qualcosa di simile: «coltivò varie branche delle arti decorative, ma soprattutto l'illustrazione di libri e riviste, cartelloni, manifesti e programmi per teatri (celebri quelli per Sarah Bernhardt, 1894) secondo il gusto dello Jugendstil». Nel negozio del museo compro quattro cartoline postali di Praga, alcune delle quali sono state inserite in questa pagina web e sei di Muchy fra le quali ci sono i bellissimi disegni delle quattro stagioni e di Sarah Bernardt. Rimango affascinato quando guardo questi disegni. Prendiamone una, quella intitolata Flowers prodotta nel 1897. Si rimarrebbe ore intere ad ammirare la protagonista, disegnata con una specifica tecnica talmente particolare che viene chiamata "stile di Muchy". Se la si osserva attentamente si può creare un effetto post-visivo in cui ci si sente trasportati nel tempo a quando molti interni di case nobiliari e borghesi erano dipinti con questa tecnica. Spesso erano pannelli decorativi che facevano risaltare l'immagine di una casa intonata allo stile liberty. La produzione è non solo rivoluzionaria ma variegata in forme differenti. Si va infatti da rappresentazioni teatrali come La dama delle Camelie, a rappresentazioni liriche come Tosca, teatrali come Medea, Gismonda e Teatro del Rinascimento, persino in una vecchia banconota da 10 korone della Banca Centrale Cecoslovacca, oltre che di intere serie di francobolli. Non c'è molta gente nel museo. Passo in rassegna tutti i manifesti estasiato da tanta bellezza. Esco salutato dall'impiegata del museo che mi ha venduto diversi "gadget muchiani". Si è fatto tardi ed è l'ora del pranzo. Parto dalla Panská e seguo la parte terminale di Na příkopě trovandomi quasi subito alla straordinaria Porta delle Polveri che è limitrofa alla Casa Comunale del Municipio. Perchè la casa municipale? Perchè a pianoterra di questo edificio straordinario, bellissimo e unico c'è un ristorante che si chiama Restaurace Obecnim dom e si trova in náměstí Republiky, 5. Il piccolo spiazzo che caratterizza l'entrata del ristorante è il nodo d'intersezione di ben sei strade: Celetná, u Prašná brána, Náměstí Republiky, Hybernská, Senovážná e dulcis in fundo Na příkopě. Cosa volete di più di un luogo posto al centro dell'interesse di bel sei strade? La presenza poi della Torre delle Polveri, del Divadlo Hybernia e della Obecnim dom fanno il resto. Si immagini per un istante lo spettacolo di tutti questi elelenti architettonici della piazza e si ha l'esatta misura di quanto bello sia questo scorcio di Praga. Aggiungo anche che ad appena cinquanta metri più in là c'è l'intera Piazza della Repubblica con i suoi edifici straordinari.

La Obecnim dom, ovvero la Casa del municipio, non è solo un bel palazzo ma è soprattutto un monumento che, per le sue dimensioni e la sua perfezione è uno dei più belli del mondo. Questo luogo è un simbolo della qualità della vita e della società ceca com'è stata nei decenni trascorsi. E' talmente importante che nel 1989 qui fu organizzato il primo incontro tra il futuro presidente della nuova Repubblica ceca, Václav Havel, e i rappresentanti del vecchio regime comunista che dopo gli anni della caduta del muro di Berlino stava per crollare. Inoltre qui ci sono settimanalmente delle esecuzioni musicali e dei concerti di capolavori dei maestri della musica classica, soprattutto del compositore ceco Dvořák ma anche di Mozart, Händel, Bach, Vivaldi, etc. Questa sera alle 20.30 proprio qui nella sala grande della casa Comunale, c'è un concerto con brani di Händel, Bach e Vivaldi suonato dalla Vivaldi Orchestra di Praga. Spero di esserci. Ma la Casa municipale è anche famosa per la sala ristorante che è un buon giardino di delizie gastronomiche. La sala nella quale mi seggo è bella, ampia, luminosa e gradevole. Scelgo un tavolo, in fondo a destra dell'entrata. Il mobilio è in legno, per essere esatti è mogano; i lampadari sono bellissimi e lo stesso è la carta da parati con quadri appesi alle pareti e statue ai bordi del perimetro della sala che producono una atmosfera liberty amabile che invoglia a rimanere seduti e osservare. Letto il menu accetto il suggerimento del cameriere che mi promette che è una buona scelta quella costituita da Svikova, Pecena kachna, cioè filetto di manzo e anatra arrosto con gnocchi di cavolo e birra chiara. Nulla di eccezionale sia chiaro ma il luogo, l'atmosfera e la professionalità dei camerieri mette in moto un meccanismo psicologico in grado di far diventare squisito un pranzo normale e di renderlo gradevole al palato molto più di quanto non appaia. Con la pancia piena e il desiderio di mangiare un gelato, come fresco dessert, con molta determinazione mi lascio prendere dall'entusiasmo e mi metto a camminare per le strade di Praga per seguire le cosiddette "orme di Kafka". La definizione non è mia ma della mia guida che informa i lettori della possibilità di ricalcare i luoghi in cui Kafka visse e lavorò a Praga. In pratica cercherò adesso di percorrere alcune strade e piazze per vedere alcuni luoghi in cui visse Kafka e di ricalcare alcuni percorsi che era solito fare per andare a lavorare o a discutere con gli amici. So che frequentava l'Hotel Europa dove sono già stato a pranzo il primo giorno. So anche che lavorava in un ufficio di assicurazione in Na Poříčí che è vicinissimo da qui dove mi trovo per poi visitare la Celetná dove il nostro "agrimensore K." frequentava il Tribunale Civile nel quale fece pratica di tirocinio. So anche che frequentava il Louvre e anche il Cafè Slavia, cioè locali che Ripellino chiama i "Kaffeehäuser" ma anche "le cento osterie frequentate da Jaroslav Hašek". Così in un primo pomeriggio assolato ma non eccessivamente caldo mi lancio per la Celetná immaginando di camminare davanti a Kafka che mi segue e a Ripellino che prende appunti per scrivere il suo capolavoro. La Celetná è una strada del centro storico, lastricata di sanpietrini che mi ricorda certe stradine della Padova medievale. Ai bordi c'è di tutto. Negozietti di cianfrusaglie varie, souvenir, negozi di abbigliamento e ci sono persino in alcune vetrine decine di bambinelli con il vestitino rosso. Ma l'aspetto più gradevole è quello che si prova dopo averla percorsa per intero quando improvvisamente si sbuca in Staroměstské náměstí passando dalla sensazione di claustrofobia della Celetná alla sensazione contraria dell'aerofobia nella Piazza Vecchia, dovuta per l'appunto alla vastità della piazza. In un certo senso ho provato la stessa sensazione che provò Alberto Sordi a Roma quando da bambino, prima che il fascismo sventrasse le case vicino a S. Pietro per costruire l'ampia via della Conciliazione, accompagnato dal padre dopo avere girato per viuzze strette e vicine l’una all’altra in un dedalo di stradine all’improvviso usciva improvvisamente nella Piazza della Basilica di S. Pietro vedendo davanti a sé la "maestosità del cupolone", con effetti che gli rimasero per sempre incollati nella sua mente. E' la medesima sensazione che provo io, qui a Praga. Esattamente di fronte al Pražský orloj di Staroměstské náměstí c'è una stradina, molto stretta che si chiama Melantrichova. La vedo mentre le passo davanti andando per la Karlova.

Ripellino a questo proposito in Praga magica scrive alcuni periodi, a mio giudizio, memorabili: «Ancor oggi, ogni notte, alle cinque, Franz Kafka ritorna a via Celetná, a casa sua, con bombetta, in abito nero. Ritorna dalla taverna Monmartre, dove, sempre assetato come gli ebrei nel deserto, Jaroslav Hašek trinca ed impazza. Ancor oggi, ogni notte, alle cinque, dalla taverna Montmartre Egon Erwin Kish ritorna a casa sua, [...] all'angolo tra via Melantrichova e via Kožná (pag.32)». La taverna Montmartre si trovava in via Řetězová a sud della Karlova. Passo oltre e raggiungo proprio la Karlova, nella quale si fa risentire la sensazione claustrofobica di prima, finchè non arrivo al Karlův Most. Mentre cammino sull'acciottolato penso a Ripellino che a questo proposito dice che certe stradine : «permettono di attraversare il centro di Praga senza uscire all'aperto, nella fitta rete di piccole strade furtive, nascoste all'interno di blocchi di case vecchissime. Nella Città Vecchia ci imbrogliava questo ordìto di ànditi oscuri (notate gli accenti gravi n.d.a.) e comunicazioni infernali, che per ogni verso si spandono e la ricercano tutta. Straduzze bambocce, infilate di androni, cammini di ronda dove si penetra a stento, cunícoli che ancora odorano di medioevo, trasandate strettoie impacciatissime, in cui mi sentivo come dentro la gola di una bottiglia (pag.22)». Decido di spostarmi adesso all'isola di Kampa. Sull'altra sponda della Vltava lascio Karlův Most e svolto a sinistra nella Na Kampĕ che mi porta direttamente nella parte verde della Ostrov Kampa. Inutile dire che è un'oasi di pace e di tranquillità. Quasi quasi mi viene in mente l'idea di come potrei vivere qui se mi trasferissi definitivamente a Praga. Anche in altre città mi è passata per la mente questa idea. In fondo in fondo sarebbe una cosa normale vivere e lavorare all'estero in un paese europeo. Il problema è che ci sono di mezzo alcune cosette la più importante delle quali è la lingua. Impossibile impararla. Prima credevo che il tedesco fosse la lingua più difficile ma venuto a conoscenza dell'esistenza di lingue agglutinanti come il finlandese e adesso di quella ceca dico subito come il bravo di Manzoni: "questo matrimonio non si ha da fare". E poi diciamo la verità uno straniero è sempre uno straniero e tale rimarrà per sempre in un paese non suo. Lo stesso Ripellino a questo proposito in Praga magica a pag. 61 dice: «Ricordate quel che dice l'ostessa all'Agrimensore? "Lei non è del Castello, lei non è del paese, lei non è nulla. Eppure anche lei è qualcosa, sventuratamente, è un forestiero, uno che è sempre di troppo e sempre tra i piedi». Dunque niente trasferimento nella Repubblica ceca ma tanta simpatia e un po' di invidia per gli amici cechi che hanno una capitale così bella. Nel mezzo del verde della sponda di Malá Strana c'è un albergo e due ristoranti. Il paesaggio mi sembra conosciuto. Mi sembra di essere nella stradina che porta alle Tre Fontane, nella Laurentina all'Eur di Roma. Fa un po' caldo e decido di sedermi su una panchina sotto un albero. Si è fatto tardi ed ho desiderio di una fetta di torta o qualcosa del genere. Da qui alla Vítězná ci sono cento metri circa. La percorro fino al ponte Most legií oltrepassato il quale sono di nuovo in Narodní. All'angolo in Národní třída 1 di Nové Město c'è Kavárna Slavia, ovvero il Cafè Slavia. Lo Slavia è se non il più famoso sicuramente uno dei migliori e antichi caffè di Praga. E' ispirato all’eleganza dell’art decó. Dispone di tavolini e finestre dai quali si vede il lungo fiume. Anche questo Cafè come altri è stato un punto di riferimento di incontri letterari. Celebri quelli di Rainer Maria Rilke, Vladimir Holan e Franz Kafka. Mi seggo a un tavolo vicino a una finestra che dà sulla Vltava e ordino il solito cappuccino con una fetta di strudel alle mele. Qui lo strudel non mi è servito caldo come al Cafè Louvre ma è buono lo stesso. E poi qui è più centrale. Tra l'altro, si trova ad essere dirimpettaio del Národní Divadlo. Se fissiamo il Karlův Most come origine di un sistema di riferimento qui siamo a coordinate (0;-1) mentre il Louvre sarebbe pressappoco (+1;-1), dunque, meno centrale. Scherzi a parte, comincio a pensare che il mio viaggio stia per finire. Per la prima volta da quando sono a Praga il mio pensiero va alla partenza. Domani si ritorna a Roma. "Partire è come morire" si diceva una volta. Ma non c'è una sola partenza senza un analogo ritorno. Solo la morte interrompe questa regola. Ma noi siamo ancora giovani ed abbiamo tanto desiderio di viaggiare per il nostro magnifica Continente.
Quinto e ultimo giorno Venerdì 26 Agosto. Oggi è il giorno della partenza per Roma. Si ritorna a casa. Il volo è previsto alle 15.15. Il protocollo dell’ultimo giorno di permanenza in città prevede ancora una passeggiata per le strade della città vltavina alla ricerca di ultime emozioni, che poche città finora sono riuscite a farmi provare intensamente e ripetutamente. La passeggiata però si rivela una delusione perchè "qualcosa di irreparabile si è abbattuto in un agosto già lontano sulla capitale boema". Sono parole di Ripellino. E' la partenza da questa città che mi produce incapacità di riprovare emozioni. Al trascorrere dei giorni in cui l'ho conosciuta sempre meglio, la sto amando sempre di più di un amore che è costruito non sulla sabbia delle impressioni ma sul cemento di fondamenta solide e maestose che è il libro di Angelo Maria Ripellino che mi ha insegnato ad amarla. La passeggiata fa nascere in me il desiderio di tornare in questa città. E' la prima volta che penso di ritornare in una capitale già visitata. Sebbene Praga sia una città inquietante, in cui la morte e la vita si avvolgono ineluttabilmente, penso alla immortalità dell'uomo rodolfino che con la pietra filosofale avrebbe voluto essere in grado di appagare il desiderio di abbracciare il suo Castello e la sua città per secoli o più. Ripellino a pag. 134 invece scrive: «La gioia di vivere nasce dalla coscienza della brevità della vita. Una vita troppo lunga ingenera tedio e disgusto. [...] Nel grande dilemma ontologico che lacera il mondo è necessaria la morte perchè la vita sia bella». Siamo condannati dunque a non potere godere per sempre del gusto della bellezza di questa città perchè mortali. Purtroppo. Ciao Praga. Noi ci si vede al prossimo viaggio a Stoccolma.

Postfazione. "Mai visto nulla di simile". Avrebbe potuto essere questo un altro incipit del diario di viaggio su esposto. Sentire parlare bene di Praga, la città vltavina di Angelo Maria Ripellino, non è frequente in Italia. E per parecchi motivi. Il primo: "è una città comunista": Il secondo: "è una città fredda e senza calore". Il terzo: "è una città in cui si parla una lingua ostrogota". Il quarto: "a parte un ponte vecchio e un castello non c'è nient'altro". Il quinto: "non si mangia all'italiana e la gente beve solo birra". E si potrebbe continuare. Praticamente solo Ripellino ne parla bene. Tanto bene che nel suo fantastico libro Praga magica, Ripellino ne fa una descrizione a dir poco affascinante. In verità Mozart, Beethoven, Apollinaire, Cajkovskij, Dostojevskij, Rodin, Kokoschka e tanti altri grandi della musica, della letteratura, dell'arte ne hanno parlato tanto bene che lo stesso Apollinaire, con il suo Il passante di Praga, meritò di essere ricordato per sempre nella vita praghese per il nome di Apollinarska, dato dalle autorità municipali a una strada in Nové Mesto, vicino all'albergo dove ho alloggiato. Scopro con sorpresa l’assenza di una Ripellinorska, magari posta in una zona più decentrata della via dedicata al grande scrittore siciliano di nascita. E alla vecchia turista francese che all'aeroporto Letiště Ruskine della città vltavina, che scopre con meraviglia che nessuno parla francese nella sala accettazione, mi è venuto da dirle perché non ha letto prima il libro di Ripellino, nella ottima traduzione francese? Avrebbe sicuramente evitato guai nella comprensione delle informazioni. Ah! Angelo Maria Ripellino. Ricordo raramente il piacere della lettura del suo, per me, prezioso romanzo-saggio. In Staré Mesto, c’è un’agenzia di viaggi ceca che ha preso il nome del suo straordinario libro. Chissà, forse il proprietario del negozio aveva visto o letto il libro di Ripellino e ha voluto fare omaggio allo scrittore siciliano della riconoscenza che in questi casi si ravvisa essere doverosa. Quanto mi sarebbe piaciuto incontrare il professore di Storia e Letteratura russa dell’Università di Roma per farmi da guida nell’incanto della sua amata città. Il massimo sarebbe stato seguire Franz Kafka nel sua quotidiano itinerario per andare al lavoro nell'istituto di assicurazione mentre Ripellino accanto a me faceva delle riflessioni con la forza della sua sintassi. Dopo aver letto due volte questo capolavoro letterario penso che Ripellino non si considerasse solo un italiano. La mia idea è che egli desiderasse avere la doppia cittadinanza: italiana e ceca. D’altronde, è stato lui stesso a scrivere nel suo libro che si sentiva un triangolo, non quello del cantante Renato Zero, ma quello geometrico, di trina perfezione, come i nomi delle tre città che lo hanno visto vivere interamente la sua vita e sviluppare i suoi molteplici interessi culturali e linguistici ai tre vertici di un triangolo: Palermo, Roma, Praga. Mi ricordo di un mio vecchio collega, insegnante come me in una cittadina lungo l’Adda, che nella sua vita aveva avuto un solo desiderio: poter passeggiare sulle rive del fiume con il Provveditore della città nella quale insegnava dandogli del tu al provveditore e parlando del più e del meno. Alla stessa maniera io avrei voluto tanto seguire Ripellino in una delle sue passeggiate di vita praghesi. In ogni caso, Praga è una città splendida perché chi l’ha visitata con attenzione ha sicuramente scoperto che ha qualcosa di veramente magico. Ha un capitale di bellezze architettoniche, artistiche e stradali da fare invidia a qualunque altra città del mondo. Lo so. Lo so, che molti direbbero la stessa cosa della loro città. Roma è bellissima. Firenze e Venezia altrettanto. Ma sono belle anche Vienna, Parigi, Budapest, Londra, Berlino, Madrid, Lisbona, ecc.. Anche Castelgandolfo è bella e non solo perché è la città estiva del Papa. Ma Praga ha qualcosina di più. E poi, mi sono stancato di fare antipatiche graduatorie di bellezze tra le città. Il fatto è che Praga suscita emozioni a non finire. E questo basta per nominarla adeguatamente. E vale molto. Ricordo la mattina quando sono andato di buonora al castello, ad Hradcany. Bene. Alle nove del mattino vi era già la fila per entrare nella Cattedrale di S. Vito. La coda non era lunghissima ma c'era. Incredibile. Sono entrato e sono stato più di un'ora all’interno. Quando sono uscito la fila si era ingigantita a dismisura, tanto che i responsabili sono stati costretti a bloccare il flusso di visitatori. Dunque, c’è da rimanere stupiti da una serie di incanti unici: la Cattedrale di S. Vito e il Monastero di Strahov. Aggiungo che non sono da considerare secondari né la Basilica di Loreto, nè la Chiesa di S. Nicola. Tutt'altro. C’è semplicemente da rimanere sbalorditi, con la bocca aperta. Quanti ricordi mi vengono in mente su Praga. Ogni minuto di tempo trascorso in questa meravigliosa città meriterebbe una pagina di racconti “ripelliniani”. Un'ora di visita per le strade praghesi uguale a sessanta pagine di libro scritto con prosa "ripelliniana". In realtà, più si conosce Praga e più ci si rende conto che tutto quello che ci sarebbe da dire è stato detto egregiamente dal grande scrittore palermitano nelle sue ricche e intense descrizioni. La parte ebraica della città vltavina, a nord di Staré Mesto, sembra tagliata su misura per un film di Hitchcook. Le sinagoghe, il cimitero ebraico, lo stupendo Municipio e la tomba di Maestro Jehuda Löw ben Bezaleel con il suo inquietante Golem-schem possono essere considerati altrettanto importanti come il resto delle bellezze di Praga e nei vicoli dell’ex ghetto si respira una eccitante sensazione di mistero. Al Caffè Louvre si mangia bene e si trascorre qualche buona ora di relax pomeridiano. Ma quello che colpisce di più è l’atmosfera letteraria del locale. Si rischia, credendo nella immaginazione e leggendo approfonditamente le pagine di Ripellino sui caffè letterari di Praga, di incontrare Franz Kafka, Karel Capek o Max Brod al tavolo vicino al nostro. In ogni caso, al billiard (il ristorante della casa) viene esibita una locandina degli anni `30 della italianissima Campari, che non è niente male dal punto di vista della fantasia per poter fantasticare sulla bellezza della vita dei primi decenni del secolo scorso. Umberto Eco, nel suo ultimo libro l’avrebbe potuta inserire benissimo nelle pagine interne accanto agli altri disegni del libro La misteriosa fiamma della regina Loana. E ancora, come non andare in Via Cihelna, 2b in Malá Strana dove sorge il nuovo Museum Kafka che io ho scoperto casualmente senza saperne l'esistenza? Nella piazzetta, al’uscita del museo un piccolo bar con dei tavoli di vetro all'aperto ci si può distendere al fresco di una pivo ceca Urquell e guardare una statua che fa la pipì come a Bruxelles, mentre all’ora di pranzo si può scegliere addirittura un eccellente ristorante di lusso come il Sara Bernard Restaurant presso l’Hotel Paritz, vicino alla Torre delle polveri (Prašná brána). Sono stato al Museo Alfons Muchy. Straordinario. C’è lo splendido lavoro parigino eseguito dall’artista ceco Muchy che ha ritratto Sara Bernardt. Che delicatezza. All’uscita volevo fare una visita al Caffè Arco che è un locale presente in tutte le guide relative al giro letterario dei caffè. Questa questione degli itinerari di famose caffetterie, a mio giudizio, costituisce una piacevole guida e un magnifico filo conduttore per provare piacere nelle visite turistiche. E poi si vuole nascondere il piacere di gustare gli arredi e la piacevole atmosfera fra un dolcino e un arredo retrò della bella epoque? In questo Caffè, aperto fin dagli inizi del 1800, si dice che fu luogo di incontro dell`intellighenzia praghese fino al 1939 (frequentatori furono Brod, Kafka, Werfel ecc.. Ma sono dovuto scappare via perchè come si è ridotto adesso sembra un volgare self service. Strano ma vero. Un piacevole e insolito incontro l’ho fatto alla Casa municipale (Obecni Dum). Si respira una certa atmosfera felliniana. Lì, vicino a me, una giovane ragazza italiana mi ha chiesto dove fosse il Museo del Comunismo che era suggerito dalla sua guida. Non è comune un fatto del genere. Giuro che non mi era mai capitata una situazione insolita del genere. Io non sapevo dove fosse. Con il mio no, l’ho delusa. Ma mi è sembrato che lei non avesse intenzione di mollare le teste marxiste dei generali dell'ex Partito comunista ceco. Sono sicuro che quella mattina l’avrà trovato in qualche via secondaria. Vicino all’Hotel Paritz c’è il Lapidarium, una specie di museo privato con statue in pietra del 1700 e 1800 che ricordano le più vecchie statue presenti ai bordi del ponte Carlo. Ebbene, ho fatto un bel pò di chiacchiere con il custode al quale ho detto che Praga era "magica", così, per provocazione, chissà conoscesse Ripellino. Non ha capito la provocazione ma il complimento si, e mi ha dato un bigliettino per andare a mangiare in un ristorante afgano. Vedete voi se questa città non presenta fatti e aspetti curiosi e misteriosi. Un ristorante afgano, suggeritomi da un custode ceco, a me visitatore italiano. In questo inadeguato diario di viaggio praghese mi fermo qui. Se ritorno a Praga, certamente rileggerò per la terza volta “Praga magica” di Ripellino e rispolvererò questa mia paginetta di ricordi praghesi.

Elenco dei report di viaggio delle capitali europee già pubblicati.

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BIBLIOGRAFIA LETTERATURA DI VIAGGIO

Manuali e guide di viaggio adoperate.

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