mercoledì 11 novembre 2009

Lezione 13 - Commento alla verifica relativa al tredicesimo esercizio di pag.32.


Tredicesima lezione. Questa ultima lezione del corso introduttivo di “Lettura e Scrittura” del libro della Sig.ra Laura Veccia Vaglieri (in verità l’ultima è la 14ma, e riguarda un esercizio riassuntivo con considerazioni relativi alla vocalizzazione) è organizzata in modo tale da proporre lo studio ortografico e morfologico della scrittura delle due ultime lettere dell’alfabeto arabo rimaste da studiare, che sono la ain ( ع ) e la gain ( غ ). Ricordo che l’ordine di studio delle 28 lettere date dalla Veccia non corrisponde allo standard ordinato dell’alfabeto arabo, che è diverso. La "stranezza" sta nel fatto che la Veccia ha fatto una scelta personale di sviluppare l’alfabeto secondo una sua precisa idea didattica che è differente dalla normale elencazione delle lettere. La lettera ع si trascrive con un semplice apostrofo mentre la lettera غ si traduce con una g sormontata da un puntino. La novità, se si vuole, è la conoscenza del fatto sorprendente della presenza finale di una gallinella , cioè della ya ( ى) senza puntini sotto il morfema (alif maksura), che dal punto di vista fonetico assume la forma di una alif finale. La ta marbuta in genere si pronuncia come la vocale a. In condizioni particolari tuttavia si pronuncia ta ed è scritta con una ha sormontata da due puntini ( ۃ) e si trova sempre in finale di parola. Desidero qui dire con chiarezza che a mio parere la pronuncia della ain è un esercizio frustrante e praticamente condannato al fallimento per la stragrande maggioranza degli studenti italofoni. La ragione sta nel fatto che per pronunciare con chiarezza il suono della ain è necessario azionare dei muscoli che non sono mai stati azionati nella nostra vita a causa del fatto che la nostra lingua non lo prevede. Pertanto mi vergogno a dirlo ma nonostante i miei sforzi questa lettera dell'abagiada (alfabeto in arabo) non riesco a pronunciarla correttamente. Il mio maestro mi ha suggerito di ripetere il verso del cammello quando vocalizza i suoi suoni. Ma non ci riesco neanche così. L’esercizio che pubblico in calce è molto lungo. Si tratta di ben nove righe di traslitterazione dall’arabo all’italiano e di altre sei righe di traslitterazione in senso inverso. Probabilmente la Veccia, consapevole di essere alle ultime battute di questa prima parte del suo eccellente e unico lavoro si è guardata bene di proporre un esercizietto, facile e breve. L’esercizio, infatti, è contenuto in una facciata completa del suo libro a pag.32. Il solo vederlo riempire l’intera pagine incute un sano timore. Ed ecco il risultato del mio impegno (faticosissimo) di oggi. Mi rivolgo al mio maestro sperando di non avere commesso troppi errori. Spero nella sua comprensione. Ma si sa che chi non sbaglia non impara.
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